23 novembre 2009

Sicurezza sul lavoro: piccoli cantieri con un solo coordinatore

Sicurezza sul lavoro: piccoli cantieri con un solo coordinatore

Il Ministero chiarisce le semplificazioni introdotte dal decreto correttivo al Testo Unico

Per i lavori privati non soggetti al permesso a costruire e di importo inferiore a 100 mila euro è consentito nominare il solo coordinatore per l’esecuzione dei lavori. Lo ha affermato il Ministero del Lavoro con la Circolare 30 del 29 ottobre 2009 in risposta a numerose richieste di chiarimenti relative all’applicazione dell’articolo 90, comma 11, del Dlgs 81/2008 (Testo Unico della sicurezza sul lavoro), come modificato dal Dlgs correttivo 106/2009. Il correttivo infatti ha escluso l’obbligo, a carico del committente o del responsabile dei lavori, di designare il coordinatore per l’esecuzione dei lavori e il coordinatore per la progettazione nel caso di lavori privati non soggetti al permesso a costruire e di importo inferiore a 100 mila euro.
In tal caso - recita il Dlgs correttivo – le funzioni del coordinatore per la progettazione sono svolte dal coordinatore per l’esecuzione dei lavori. Tale norma – spiega la circolare del Ministero – è volta a consentire al committente la nomina del solo coordinatore per l’esecuzione dei lavori in cantieri non particolarmente complessi, nei quali gli obblighi del coordinatore per la progettazione sono di entità tale da poter essere affidati all’unica figura del coordinatore per l’esecuzione. Come espressamente previsto dalla norma - continua la circolare -, in tali casi il coordinatore per l’esecuzione svolge tutte le funzioni che l’articolo 91 del Testo Unico attribuisce al coordinatore per la progettazione, anche perché si tratta di compiti che vanno svolti durante la progettazione dell’opera e, quindi, l’articolo 90, comma 3, del Testo Unico prevede che il committente o il responsabile dei lavori designi il coordinatore per la progettazione contestualmente all’affidamento dell’incarico di progettazione. Analogamente, per i lavori non soggetti a permesso a costruire e inferiori a 100 mila euro, il coordinatore per l’esecuzione dei lavori deve essere nominato contestualmente all’affidamento dell’incarico di progettazione per consentire la realizzazione di tutti i compiti connessi al ruolo di coordinatore per la progettazione, anche quando tale ruolo venga svolto dal coordinatore per l’esecuzione.
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Sicurezza sul lavoro, Testo Unico anche nei condomini

Sicurezza sul lavoro, Testo Unico anche nei condomini

Sull’amministratore gli obblighi previsti per il datore di lavoro

Lo chiarisce il Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, che specifica come gli obblighi previsti a carico del datore di lavoro nei confronti dei lavoratori dipendenti del condominio in caso di affidamento di lavori a ditte appaltatrici o lavoratori autonomi, spettino all’amministratore. Sul quale grava anche l’obbligo di redigere il Duvri, documento per la valutazione dei rischi, che indica le misure adottate per l’eliminazione o la riduzione dei pericoli. In caso di affidamento di lavori a ditte appaltatrici o lavoratori autonomi bisogna in primo luogo considerare se il condominio può qualificarsi come datore di lavoro. Se è verificata questa condizione, sull’amministratore, legale rappresentante del condominio, gravano tutti gli obblighi previsti per il datore di lavoro. L’amministratore dovrà coordinarsi e cooperare con la ditta appaltatrice per l’attuazione delle misure di prevenzione attraverso la stesura del Duvri, da allegare al contratto di appalto o di opera. Quando invece il condominio commissiona, sotto forma di appalto, lavori edili di ingegneria civile regolati dalle norme sui cantieri mobili o temporanei, l’amministratore si qualifica come committente. In generale, per i datori di lavoro è previsto l’obbligo di informazione reciproca. La disposizione ha lo scopo di eliminare i rischi dovuti a interferenze tra i lavoratori delle diverse imprese coinvolte nell’esecuzione dell’opera. Le disposizioni sul Duvri non si applicano invece ai rischi specifici propri dell’impresa appaltatrice o dei lavoratori autonomi.
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6 agosto 2009

SICUREZZA SUL LAVORO: DECRETO LEGISLATIVO CORRETTIVO

Sul supplemento ordinario n. 142/L alla Gazzetta ufficiale n. 180 di ieri 5 agosto 2009 è stato pubblicato il Decreto legislativo 3 agosto 2009, n. 106 recante “Disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro”.Il Decreto legislativo consta di 149 articoli che intervengono sul Decreto legislativo n. 81/2008 cercando di raggiungere due obiettivi:

- il primo che è quello di correggere i molti errori materiali e tecnici presenti nella attuale disciplina - approvata, come noto, a Camere oramai sciolte e in tutta fretta - alcuni dei quali suscettibili di ricadute gravi sulla salute e s sicurezza dei lavoratori;
- il secondo obiettivo che è quello di superare le difficoltà operative, le criticità e le lacune evidenziate dai primi mesi di applicazione delle nuove regole.
La principale finalità del D.Lgs. n. 106/2009 resta quella di rendere maggiormente effettiva la tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro secondo le seguenti linee di azione:

- introduzione di un sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi in settori a particolare rischio infortunistico in modo che in essi possano operare unicamente aziende o lavoratori autonomi rispettosi delle norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Tale sistema, in vista della sua estensione in altri ambiti, inizierà ad operare nel settore edile per mezzo della istituzione di una “patente”, strumento che utilizzerà un criterio certo e semplice per la verifica della idoneità tecnico-professionale delle imprese o dei lavoratori autonomi edili, la quale verrà valutata tenendo conto di elementi quali la effettuazione delle attività di formazione e la assenza di sanzioni da parte degli organi di vigilanza;

- superamento di un approccio meramente formalistico e burocratico al tema della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro prestando maggiore attenzione ai profili sostanziali (approccio per obiettivi e non solo per regole). Ad esempio, il correttivo ribadisce la assoluta e inderogabile necessità per ogni impresa di valutare tutti i rischi per la salute e sicurezza dei propri lavoratori ma, al contempo, semplifica la procedura per dare prova della data del medesimo documento;
- rivisitazione del potere di sospensione dell’impresa, in modo da perfezionare tale importante procedura rendendo maggiormente certi sia i requisiti che ne legittimano la adozione che i casi nei quali la sospensione possa essere imposta;

- integrale ricezione delle proposte avanzate in sede tecnica dalle parti sociali nell’ambito degli incontri, tenutisi nell’arco degli ultimi quattro mesi del 2008, presso il Ministero del lavoro e finalizzati alla predisposizione di un “avviso comune” tra loro sulla salute e sicurezza in ambiente di lavoro;>7li> definizione di un corpo normativo coerente anche con la realtà e le caratteristiche delle piccole e medie imprese e con le peculiarità delle forme di lavoro atipico e temporaneo;

- valorizzazione del ruolo degli enti bilaterali quali strumenti di ausilio alle imprese e ai lavoratori per il corretto adempimento degli obblighi in materia di salute e sicurezza sul lavoro e per l’innalzamento dei livelli di tutela negli ambienti di lavoro;

- miglioramento della efficacia dell’apparato sanzionatorio, con l’obiettivo di assicurare una migliore corrispondenza tra infrazioni e sanzioni.

In particolare il decreto legislativo in argomento interviene con parecchie modifiche sui Titoli IV, V e VI del Decreto legislativo n. 81/2008 rubricati come:
- Cantieri temporanei e mobili
- Segnaletica di salute e sicurezza sul lavoro
- Movimentazione manuale dei carichi.
Per quanto concerne il Titolo IV relativo ai cantieri temporanei e mobili vengono modificati quasi tutti gli articoli con la precisazione che si tratta di modifiche in alcuni casi soltanto formali ma in parecchi altri casi sostanziali.
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31 luglio 2009

Decreto correttivo delle disposizioni sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro

Comunicato stampa

Il decreto legislativo approvato oggi dal Consiglio dei Ministri è rigorosamente coerente con i principi e i criteri direttivi della delega concessa dal Parlamento al Governo nella passata legislatura in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro con la legge 3 agosto 2007, n. 123. Il decreto non ha dunque carattere innovativo, dovendo rispettare i principi e i criteri direttivi stabiliti dal parlamento nel 2007. Con il provvedimento varato oggi l’Italia è in condizioni di poter vantare un complesso di regole in materia di salute e sicurezza condiviso tra Amministrazioni e parti sociali e pienamente in linea con le migliori regolamentazioni europee ed internazionali. Al testo finale si è arrivati, in particolare, dopo un lungo e intenso confronto realizzato in più sedi e con tutti gli interlocutori istituzionali e sociali interessati. Da ultimo, dopo l’approvazione, il 27 marzo scorso, di uno schema di decreto correttivo, si è passati attraverso una ampia istruttoria finalizzata alla formulazione del parere in Conferenza Stato-Regioni e si è sviluppato un esauriente e serrato dibattito nell’ambito delle Commissioni parlamentari di Camera e Senato. Da tali attività sono emerse (in particolare nell’ambito dei pareri formulati dalle Commissioni parlamentari) indicazioni di grande rilievo, considerate attentamente dal Governo nella definitiva stesura del “correttivo”. Un primo obiettivo del provvedimento è quello di correggere i molti errori materiali e tecnici presenti nella attuale disciplina (decreto legislativo n. 81 del 2008) – approvata, come noto, a Camere oramai sciolte e in tutta fretta – alcuni dei quali suscettibili di ricadute gravi sulla salute e sicurezza dei lavoratori. Come esempio, tra i tanti, si consideri la sostituzione (all’Allegato 39) del valore-limite del piombo nel sangue in maniera che sia espresso non in “milligrammi”, come oggi previsto a seguito di una erronea indicazione, ma in “nanogrammi”, unica unità di misura che garantisce la tutela della salute dei lavoratori esposti. Dunque, innanzitutto è realizzato il perfezionamento del quadro normativo, composto da ben 306 articoli e vari allegati che non sono sempre stati ben coordinati tra di loro dando luogo a sovrapposizioni e incertezze interpretative. Un secondo obiettivo è quello di superare le difficoltà operative, le criticità e le lacune evidenziate dai primi mesi di applicazione delle nuove regole. L’attuale disciplina, per esempio, equipara il volontario a un vero e proprio lavoratore subordinato, senza considerare le peculiarità della prestazione resa dal volontario e penalizzando oltremodo le associazioni di volontariato che rappresentano una delle manifestazioni più vitali della nostra società. Al riguardo, il correttivo garantisce ai volontari non solo in via generale una tutela analoga a quella garantita ai lavoratori autonomi in termini di fornitura di dispositivi di protezione individuale ed attrezzature di lavoro, ma anche una tutela “rafforzata” ove essi siano chiamati ad operare all’interno di una organizzazione lavorativa (si pensi al volontario che operi all’interno di un ospedale), consistente nella informazione sui rischi presenti nel luogo in cui siano chiamati ad operare e nella eliminazione, da parte dell’utilizzatore, dei rischi derivanti dalle interferenze tra le attività del volontario e quelle dei lavoratori dell’utilizzatore. Ancora a titolo di esempio si consideri l’individuazione – espressamente richiesta dalle parti sociali – dei casi in cui è necessario, nei lavori in appalto, che il committente predisponga l’importante “documento di valutazione dei rischi da interferenza delle lavorazioni”, tra i quali non vengono inclusi i lavori intellettuali, le mere forniture di merci e attrezzature e i lavori di breve durata (sotto i due giorni). In pratica, tale documento – il quale, va ricordato, si aggiunge (e non si sostituisce) agli obblighi già imposti a committente ed appaltatore di coordinarsi e tra loro e cooperare per ridurre i rischi del personale dell’appalto – viene richiesto ove il rischio delle lavorazioni che interferiscono tra loro lo richieda come misura di tutela e non, invece, nelle ipotesi (si pensi alla prestazione di natura intellettuale o alla semplice fornitura di carta o di caffè ad un ufficio) di assenza di rischio da interferenza in cui esso diverrebbe un inutile fardello formale. La principale finalità delle misure varate dal Governo resta tuttavia quella di rendere maggiormente effettiva la tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro secondo queste linee di azione:- introduzione di un sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi in settori a particolare rischio infortunistico in modo che in essi possano operare unicamente aziende o lavoratori autonomi rispettosi delle norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Tale sistema, in vista della sua estensione in altri ambiti, inizierà ad operare nel settore edile per mezzo della istituzione di una “patente”, strumento che utilizzerà un criterio certo e semplice (appunto, i “punti patente”) per la verifica della idoneità tecnico-professionale delle imprese o dei lavoratori autonomi edili, la quale verrà valutata tenendo conto di elementi quali la effettuazione delle attività di formazione e la assenza di sanzioni da parte degli organi di vigilanza.
L’innovativo strumento opererà per mezzo della attribuzione iniziale – in sede, appunto di “qualificazione” dell’impresa – ad ogni azienda o lavoratore autonomo edile di un punteggio che ne misuri l’idoneità ed il cui “azzeramento” determini l’impossibilità per l’impresa o il lavoratore autonomo di operare nel settore. - superamento di un approccio meramente formalistico e burocratico al tema della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro prestando maggiore attenzione ai profili sostanziali (approccio per obiettivi e non solo per regole). Ad esempio, il correttivo ribadisce la assoluta e inderogabile necessità per ogni impresa di valutare tutti i rischi per la salute e sicurezza dei propri lavoratori ma, al contempo, semplifica la procedura per dare prova della data del medesimo documento. Dunque le imprese, specie se piccole e medie, pur essendo comunque tenute ad elaborare il documento “senza sconti” quanto alla sua completezza e alla puntualità del suo aggiornamento, possono anche evitare di andare dal Notaio o munirsi di posta certificata (come la norma oggi di fatto impone) perché la data del documento potrà anche essere dimostrata dalla firma del medesimo da parte di tutti coloro che, assieme al datore di lavoro, sono coinvolti in materia di salute e sicurezza (rappresentante dei lavoratori, medico competente, responsabile del servizio di prevenzione e protezione…);- superamento di una cultura meramente sanzionatoria e repressiva prestando prevalente attenzione alla prevenzione che è fatta di: maggiore formazione; migliore informazione; effettività del coordinamento interistituzionale nella programmazione delle visite ispettive; uso mirato del potere di disposizione da parte degli organi di vigilanza, appositamente disciplinato nel corpus normativo. A tali scopi, il correttivo potenzia il coordinamento a livello territoriale fra i funzionari di vigilanza delle Asl e gli ispettori del lavoro consentendo a pieno titolo l’espletamento della vigilanza da parte di entrambi gli organismi operanti a livello provinciale e regionale e, conseguentemente, ampliando le possibilità concrete di intervento ispettivo attraverso il migliore utilizzo del rispettivo personale;- integrazione tra le attività del Servizio Sanitario Nazionale e dell’INAIL finalizzate all’assistenza ed alla riabilitazione dei lavoratori vittime di infortuni, in modo da garantirne il migliore e più rapido recupero dell’integrità psicofisica e della capacità lavorativa. Per avere una idea della importanza dell’intervento, si consideri come i soli costi sociali da infortuni sul lavoro – per sostegno alle famiglie delle vittime e per la riabilitazione dei lavoratori – sono stati quantificati (in sede di Rapporto ufficiale INAIL 2007, con riferimento all’anno 2005) in oltre 45 miliardi di euro, pari al 3,21% del Prodotto Interno Lordo;- rivisitazione del potere di sospensione dell’impresa, in modo da perfezionare tale importante procedura – diretta a colpire le imprese che sia siano rese responsabili di violazioni che mettano a rischio la salute e la sicurezza – rendendo maggiormente certi sia i requisiti che ne legittimano la adozione che i casi nei quali la sospensione possa essere imposta. Ad esempio, per evitare che la applicazione della norma produca risultati abnormi e vessatorie nelle microimprese, in coerenza con quanto esposto nella Direttiva del Ministro Sacconi del 18 settembre 2008, viene chiarito che ove l’impresa occupi un solo lavoratore si applicano le sole sanzioni “ordinarie”, senza obbligo di chiusura;- integrale ricezione delle proposte avanzate in sede tecnica dalle parti sociali nell’ambito degli incontri, tenutisi nell’arco degli ultimi quattro mesi del 2008, presso il Ministero del lavoro e finalizzati alla predisposizione di un “avviso comune” tra loro sulla salute e sicurezza in ambiente di lavoro. Tra di esse, oltre alle già descritte misure di semplificazione degli aspetti burocratici della “gestione” della sicurezza (data del documento di valutazione del rischio, modalità per la redazione del documento di valutazione dei rischi da interferenza delle lavorazioni etc.), si consideri la previsione della possibilità che il medico competente verifichi l’idoneità del lavoratore alla mansione prima della sua assunzione in modo da tutelarne ex ante la salute.- definizione di un corpo normativo coerente anche con la realtà e le caratteristiche delle piccole e medie imprese e con le peculiarità delle forme di lavoro atipico e temporaneo ; a queste ultime viene attribuita in concreto una particolare tutela, che parte dall’obbligo del datore di lavoro di riservare una attenzione specifica a tali lavoratori in sede di valutazione del rischio, con ogni conseguenza in termini di maggiore informazione e formazione nei loro confronti;- valorizzazione del ruolo degli enti bilaterali quali strumenti di ausilio alle imprese e ai lavoratori per il corretto adempimento degli obblighi in materia di salute e sicurezza sul lavoro e per l’innalzamento dei livelli di tutela negli ambienti di lavoro. In particolare, il correttivo stabilisce che nel settore edile, caratterizzato da alti indici infortunistici, la formazione dei preposti (che rivestono un ruolo fondamentale in cantiere) in materia di salute e sicurezza vada favorita anche programmandola e realizzandola presso gli enti bilaterali o le casse edili e non solo nelle imprese. Inoltre, sempre a titolo di esempio, viene riservato agli organismi paritetici – purché muniti di struttura con competenze specifiche in materia di salute e sicurezza sul lavoro – il compito di verificare l’adozione e l’efficace attuazione in azienda dei modelli di organizzazione e gestione della sicurezza rilasciando apposita asseverazione, della quale gli organi di vigilanza tengono conto nella programmazione delle proprie attività di vigilanza (in modo che, in linea di massima, gli accessi ispettivi vengano pianificati innanzitutto in aziende ove il “controllo sociale” della bilateralità non abbia operato).- miglioramento della efficacia dell’apparato sanzionatorio, con l’obiettivo di assicurare una migliore corrispondenza tra infrazioni e sanzioni. A tale scopo si tiene conto dei compiti effettivamente svolti da ciascun attore della sicurezza, favorendo l’utilizzo di procedure di estinzione dei reati e degli illeciti amministrativi mediante regolarizzazione da parte del soggetto inadempiente. Così la “prescrizione obbligatoria”, che permette di mettere in sicurezza gli ambienti di lavoro, viene estesa ai reati puniti con la sola ammenda e un analogo istituto viene introdotto per le violazioni punite con sanzione pecuniaria amministrativa, con la chiara finalità, palesata nella legge delega, di puntare alla effettività della reazione punitiva, mediante ripristino delle condizioni di legalità. Al contempo, si riserva la sanzione penale ai soli casi di violazione delle disposizioni sostanziali e non di quelle unicamente formali (trasmissione di documentazione, notifiche, ecc.). Si interviene, poi, con apposite previsioni normative per evitare l’effetto di eccessiva e ridondante penalizzazione nelle ipotesi di concorso di reati omogenei ed anche di concorso di reati tout court, nel rispetto delle previsioni contenute nel Codice penale. Inoltre, si provvede alla complessiva rivisitazione dell’entità delle sanzioni in modo da rendere le pene detentive eque rispetto alla gravità delle infrazioni e le ammende e le sanzioni pecuniarie proporzionate, oltre che alle violazioni, all’aumento dei prezzi al consumo, verificato su base ISTAT, dal 1994 (anno in cui venne emanato il decreto legislativo n. 626) ad oggi. A titolo di esempio, si consideri che la più grave delle omissioni previste dal decreto legislativo 626/1994 (omessa valutazione dei rischi) era sanzionata con l’arresto da tre a sei mesi o dell’ammenda da 1549 a 4131 euro e viene ora punita, nel correttivo, con la sanzione dell’arresto tre a sei mesi o con l’ammenda da 2.500 a 6.400 euro. In ogni caso, nel pieno rispetto del criterio di delega sulle sanzioni, viene mantenuto il solo arresto (e non anche l’ammenda) per l’omessa valutazione del rischio nelle aziende a rischio incidente rilevante e nei cantieri, in quanto condotta gravemente pericolosa per la salute dei lavoratori. Come imposto dalla delega, tutte le modifiche garantiscono in ogni caso il rispetto dei livelli di tutela oggi assicurati ai lavoratori e alle loro rappresentanze in ogni ambiente di lavoro ed in ogni parte del territorio nazionale ed, al contempo, dell’equilibrio delle competenze tra lo Stato e le Regioni in materia.
Roma, 31 luglio 2009
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21 luglio 2009

Che cosa si intende per lavoro notturno ?

Per lavoro notturno si intende un'attività lavorativa svolta nel corso di un periodo di almeno 7 ore consecutive, comprendenti l'intervallo tra la mezzanotte e le cinque del mattino. Ciò vuol dire che chiunque lavori tra le 22.00 e le 5.00, oppure tra le 23.00 e le 6.00, oppure tra le 24.00 e le 7.00 rientra in questa fascia.Va sottolineato il principio della volontarietà nell'effettuazione del lavoro notturno da parte del lavoratore, tenuto conto delle esigenze aziendali, e soprattutto importanza fondamentale va data alla contrattazione collettiva sindacale.In caso di lavorazioni notturne, il Datore di Lavoro informa per iscritto la Direzione provinciale del Lavoro- settore ispezione del lavoro- competente per territorio, con periodicità annuale, dell'esecuzione del lavoro notturno svolto in maniera continuativa o compreso in regolari turni periodici, quando esso non sia previsto dal contratto collettivo; tale informazione va estesa alle organizzazioni sindacali.La normativa non riguarda chi opera nel trasporto aereo, ferroviario, stradario, marittimo, della navigazione interna, della pesca in mare, delle altre attività in mare, nonché delle attività dei medici in formazioneNon esistono discriminazioni nei confronti delle donne per lo svolgimento di lavori notturni. Infatti, con sentenza del 4 dicembre 1997, la Corte di Giustizia Europea aveva condannato l'Italia per avere mantenuto nel proprio ordinamento giuridico le norme che sancivano il divieto di lavoro notturno per le donne.Esistono però dei limiti: è infatti vietato adibire a lavoro notturno le donne, dall'accertamento dello stato della gravidanza fino al compimento di un anno di età del bambino.Inoltre il lavoro notturno non deve essere obbligatoriamente prestato: dalla lavoratrice madre di un figlio di età inferiore a tre anni o alternativamente dal padre convivente con la stessa; dalla lavoratrice o dal lavoratore che sia l'unico genitore affidatario di un figlio convivente di età inferiore a 12 anni; dalla lavoratrice o dal lavoratore che abbia a proprio carico un soggetto disabile.Gli adolescenti che hanno compiuto 16 anni di età possono essere, eccezionalmente e per il tempo strettamente necessario, adibiti a lavoro notturno quando si verifica un caso di forza maggiore che ostacola il funzionamento dell'azienda, purché tale lavoro sia temporaneo e non ammetta ritardi, non siano disponibili lavoratori adulti e siano concessi periodi equivalenti di riposo compensativo entro tre settimane. Il Datore di lavoro deve dare immediata comunicazione alla Direzione Provinciale del Lavoro indicando i nominativi dei lavoratori, le condizioni costituenti la forza maggiore, le ore di lavoro.Per la sorveglianza sanitaria, invece, si fa riferimento al D.Lgs. 26 novembre 1999 n. 532.Precisamente l'art.5 del citato Decreto stabilisce che " i lavoratori notturni devono essere sottoposti a cure e spese del datore di Lavoro, per il tramite del Medico Competente di cui D.Lgs. 81/08:
  • ad accertamenti preventivi volti a constatare l'assenza di controindicazioni al lavoro notturno a cui sono adibiti;
  • ad accertamenti periodici almeno ogni due anni per controllare il loro stato di salute;
  • ad accertamenti in caso di evidenti condizioni di salute incompatibili con il lavoro notturno".
Va inoltre valutato anche lo stato di salute psico-fisico, in modo che non emergano particolari stati emotivi e/o ansiosi, tali da poter trovare controindicazioni in particolari turni di lavoro notturni.Le disposizioni riguardanti gli addetti alle lavorazioni notturne, sono regolate dalle seguenti normative:
  • Legge 17/10/67 n. 977
  • D.Lgs. 4/8/99 n. 345
  • Circolare Ministero Lavoro n. 1 del 5 gennaio 2000, Legge 5/2/99 n. 25
  • D.Lgs. 26 novembre 1999 n. 532
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25 giugno 2009

QUALE SANZIONE PER CHI NON REDIGE IL PIANO OPERATIVO DI SICUREZZA"POS"?

La Cassazione pone un rimedio ad una “svista” del legislatore in merito alla sanzione da applicare per chi omette di redigere il POS ex D. Lgs. 494/1996. È la stessa per chi omette di redigere il documento di valutazione dei rischi di cui al D. Lgs. 626/1994.

CORTE DI CASSAZIONE – III Sezione Penale - Sentenza n. 2848 del 25 gennaio 2007 (udienza pubblica 7 dicembre 2006) - Pres. Lupo – Est. De Maio – P. M. Di Popolo - Ric. L. C. –mancata redazione, Piano Operativo di Sicurezza ex D. Lgs. 494/1996, documento di valutazione dei rischi, D. Lgs. 626/1994, sanzione, POS.

La Corte di Cassazione pone un rimedio ad una “svista” del legislatore in merito alla sanzione da applicare per chi omette di redigere il Piano Operativo di Sicurezza (POS) di cui al D. Lgs. n. 494/1996 così come modificato dal D. Lgs. n. 528/1999.

Il caso riguarda un datore di lavoro chiamato a rispondere della violazione di cui all’art. 9 comma 1 lett. c bis del D. Lgs. n. 494/1996 e s.m.i. per avere, quale rappresentante di una società esercente l’attività di edilizia, omesso di redigere il piano esecutivo di sicurezza (POS) senza poi provvedere al pagamento della sanzione irrogata dall’organo di vigilanza e che è stato condannato quindi dal Tribunale alla pena ritenuta di giustizia perché riconosciuto colpevole "del reato di cui al D. Lgs. n. 626 del 1994, art. 4, comma 2 e art. 89, così riqualificato il reato di cui al capo di imputazione".

L’imputato ha inteso proporre ricorso contro la sentenza del Tribunale alla Corte di Cassazione sostenendo che la "la mancata adozione del piano di sicurezza non è assolutamente sanzionata penalmente dal D. Lgs. n. 494 del 1996” e che “non è possibile applicare alla fattispecie la sanzione di cui al D. Lgs. n. 626 del 1994, art. 89, comma 1, ostandovi i principi di tassatività e legalità che informano il sistema penale".

La Suprema Corte ha però rigettato il ricorso considerandolo infondato ed ha ritenuta, invece, corretta la decisione adottata dal primo giudice il quale ha giustamente riferito il fatto contestato all’art. 4 comma 2 ed all’art. 89 del D. Lgs. n. 626/1994 in quanto l’art. 9, comma 1, lett. c bis del D. Lgs. n. 494/1996, stabilisce che i datori di lavoro "redigono il piano operativo di sicurezza di cui all'articolo 2, comma 1, lettera f ter" definito dalla stessa norma come "il documento che il datore di lavoro dell'impresa esecutrice redige, in riferimento al singolo cantiere interessato, ai sensi del D. Lgs. 19 settembre 1994, n. 626, art. 4 e successive modifiche".

La III Sezione ha, quindi, ritenuto chiarissimo e indiscutibile il rinvio operato dal D. Lgs. n. 494/1996 all’art. 4 del D. Lgs. n. 626/1994 ed alla relativa sanzione stabilita dall'art. 89 dello stesso D. Lgs. ed insostenibile, d’altro canto, l’affermazione che il precetto di cui all’art. 9 del D. Lgs. n. 494/1996 sia un precetto senza sanzione in quanto il rinvio operato all’art. 4 del D. Lgs. n. 626/1994 nei termini sopra precisati è comprensivo necessariamente della sanzione prevista per la relativa violazione. Quanto sopra, ha precisato la Corte di Cassazione, perché:
A) se così non fosse resterebbe incomprensibile la ragione per cui la mancata redazione del piano di sicurezza non dovrebbe essere interessata dalla sanzione prevista dal successivo art. 89, una volta stabilito che detto piano è, per il gioco dei rinvii sopracitato, proprio quello di cui all’art. 4 comma 2 del D. Lgs. n. 626/1994;

B) il piano operativo di sicurezza deve essere redatto, secondo la formulazione normativa, ai sensi dell’art. 4 del D. Lgs. n. 626/1994, disposizione quest'ultima che trova la relativa sanzione nell'art. 89 citato e che, pertanto, non può non essere letta in coordinato con l'art. 89 stesso. Ritenere che il rinvio sia stato operato solo al contenuto precettivo e non anche alla sanzione significherebbe, secondo la Corte di Cassazione, svuotare di contenuto il rinvio e, in definitiva, ipotizzare un assurdo normativo e cioè che il piano operativo di sicurezza non sarebbe redatto ai sensi dell’art. 4 del D. Lgs. n. 626/1994;

C) una interpretazione in tal senso è supportata anche da quanto indicato nell’art. 9 comma 2 del D. Lgs. n. 494/1996 il quale stabilisce che " l'accettazione da parte di ciascun datore di lavoro delle imprese esecutrici del piano di sicurezza e di coordinamento di cui all'art. 12 e la redazione del piano operativo di sicurezza costituiscono... adempimento alle disposizioni di cui all'art. 4, commi 1, 2 e 7… del decreto legislativo n. 626 del 1994". Tale norma ha un senso compiuto, conclude la Suprema Corte, solo se si ritiene che contenga un rinvio anche alla sanzione comminata per la relativa violazione.

Commento a cura di Gerardo Porreca.
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COME GARANTIRE LA "DATA CERTA DEL DOCUMENTO DI VALUTAZIONE DEI RISCHI

Il riferimento all'art. 28 del Decreto Legislativo 81/08 riportiamo alcune indicazioni dell'avv. Rolando Dubini che meglio chiariscono come garantire la “Data Certa” del documento di valutazione dei rischi.

“Art. 28 - Oggetto della valutazione dei rischi
1. La valutazione di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a), anche nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze o dei preparati chimici impiegati, nonché nella sistemazione dei luoghi di lavoro, deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori (...). 2. Il documento di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a), redatto a conclusione della valutazione, deve avere DATA CERTA [...]”

1) Garante per la protezione dei dati personali - Provvedimento del 5 dicembre 2000 - Misure minime di sicurezza - Chiarimenti sulla data certa dell'atto previsto dall'art. 1 della L. 325/2000 (estratti)
Sono pervenuti al Garante alcuni quesiti inerenti le modalità (...) per adottare il documento previsto dall'art. 1 della medesima legge n. 325 con un atto "avente data certa".
Il Garante ritiene opportuno fornire alcuni chiarimenti in ordine a tale aspetto, in quanto rileva ai fini della corretta applicazione delle citate fonti normative. (...)
In proposito, per quanto di competenza, il Garante osserva che tale requisito si collega con la comune disciplina civilistica in materia di prove documentali e, in particolare, con quanto previsto dagli artt. 2702 - 2704 del codice civile, i quali recano un'elencazione non esaustiva degli strumenti per attribuire data certa ai documenti, consentendo di provare tale data anche in riferimento a ogni "fatto che stabilisca in modo egualmente certo l'anteriorità della formazione del documento" (art. 2704, terzo comma, cod. civ.).

[Art. 2704 (Data della scrittura privata nei confronti dei terzi)
La data della scrittura privata della quale non è autenticata la sottoscrizione non è certa e computabile riguardo ai terzi, se non dal giorno in cui la scrittura è stata registrata o dal giorno della morte o della sopravvenuta impossibilità fisica di colui o di uno di coloro che l'hanno sottoscritta o dal giorno in cui il contenuto della scrittura è riprodotto in atti pubblici o, infine, dal giorno in cui si verifica un altro fatto che stabilisca in modo egualmente certo l'anteriorità della formazione del documento.
La data della scrittura privata che contiene dichiarazioni unilaterali non destinate a persona determinata può essere accertata con qualsiasi mezzo di prova.
Per l'accertamento della data nelle quietanze il giudice, tenuto conto
delle circostanze, può ammettere qualsiasi mezzo di prova.]

La legge n. 325/2000 presuppone quindi che il documento in questione sia collegabile ad un fatto oggettivo attribuibile al soggetto che lo invoca, ma sottratto alla sua esclusiva sfera di disponibilità.
In questa prospettiva, senza pretesa di indicare in modo esauriente tutti i possibili strumenti idonei ad assegnare al documento una data certa, il Garante richiama l'attenzione dei titolari del trattamento sulle seguenti possibilità che appaiono utilmente utilizzabili:
a) ricorso alla c.d. "autoprestazione" presso uffici postali prevista dall'art. 8 del d.lg. 22 luglio 1999, n. 261, con apposizione del timbro direttamente sul documento avente corpo unico, anziché sull'involucro che lo contiene;
b) in particolare per le amministrazioni pubbliche, adozione di un atto deliberativo di cui sia certa la data in base alla disciplina della formazione, numerazione e pubblicazione dell'atto;
c) apposizione della c.d. marca temporale sui documenti informatici (art. 15, comma 2, legge 15 marzo 1997, n. 59; d.P.R. 10 novembre 1997, n. 513; artt. 52 ss. d.P.C.M. 8 febbraio 1999);
d) apposizione di autentica, deposito del documento o vidimazione di un verbale, in conformità alla legge notarile; formazione di un atto pubblico;
e) registrazione o produzione del documento a norma di legge presso un ufficio pubblico.
Roma, li 5 dicembre 2000

2) Decreto Legislativo 22 luglio 1999, n. 261 - "Attuazione della direttiva 97/67/CE concernente regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari e per il miglioramento della qualità del servizio" pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 182 del 5 agosto 1999

Art. 8 (Autoprestazione)
1. E' consentita, senza autorizzazione, la prestazione di servizi postali da parte della persona fisica o giuridica che e' all'origine della corrispondenza (autoprestazione) oppure da parte di un terzo che agisce esclusivamente in nome e nell'interesse dell'autoproduttore.

3) Marca Temporale
Il sistema basa la propria modalità di certificazione della marca temporale su un procedimento informatico regolamentato dalla legge italiana, che permette di datare in modo certo ed opponibile a terzi un oggetto digitale (file). La Data Certa è un servizio di certificazione temporale apposto, AD ESEMPIO, tramite il servizio INFOCAMERE della Camera di Commercio che permette di datare in modo certo ed opponibile a terzi qualunque tipo di documento.
La validazione temporale è infatti il risultato della procedura informatica con cui si attribuiscono, ad uno o più documenti informatici, una data ed un orario opponibili a terzi.
Validità giuridica della marca temporale
Tra i profili probatori del documento informatico assume un'importanza fondamentale l'attribuzione della cosiddetta 'data certa' e cioè la prova con validità erga omnes della formazione del documento in un certo arco temporale o, comunque, della sua esistenza anteriormente ad un dato evento (art. 2704 codice civile).
Nel tradizionale sistema di documentazione cartacea, l'attribuzione della data certa (efficace nei confronti dei terzi e non solo tra le parti) deriva principalmente dal riscontro di un'attestazione fatta da un soggetto terzo ed imparziale depositario di pubbliche funzioni. L'innovazione tecnologica permette di avere oggi strumenti in grado di garantire una datazione certa su qualsiasi tipologia di documento informatico (file), in particolare, grazie alle tecnologie legate alla firma digitale ed all'infrastruttura normativa vigente in Italia è oggi possibile datare in maniera certa ed opponibile a terzi un documento informatico attraverso la marca temporale. La marca temporale (digital time stamp) attesta infatti l'esistenza di un documento informatico (o meglio di un file informatico) ad una determinata data ed ora ('validazione temporale').
L'apposizione di una marca temporale produce l'effetto giuridico di attribuire 'ad uno o più documenti informatici una data ed un orario opponibili ai terzi' (art. 8 comma 1, e art 22, comma 1, lettera g, d.p.r. n. 445/2000) e, dunque, non solo efficaci tra le parti. La veridicità ed esattezza di una marca temporale, come per i certificati delle chiavi pubbliche si presume fino a prova contraria. Può essere oggetto di validazione temporale qualunque file informatico e, pertanto, non solo testi, ma anche immagini, suoni, filmati, software, ecc.
La marca temporale viene effettuata da un servizio di un certificatore qualificato (accreditato CNIPA) al quale viene trasmesso l'HASH del file da marcare e sul quale viene generata la marca temporale. L'hash è un file di pochi bytes. La successiva verifica della marcatura temporale avviene tramite una procedura software che rigenera l'hash del file e ne verifica la corrispondenza con l'eguale marcato temporalmente.

Riferimenti Normativi
D.P.C.M. 13 gennaio 2004 - Regole tecniche per la formazione, la trasmissione, la conservazione, la duplicazione, la riproduzione e la validazione, anche temporale, dei documenti informatici.
Decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000 n. 445 - Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa (S. O. alla G. U. n. 42 del 20 febbraio 2001) integrato con le modifiche apportate dal D.Lgs. 23 gennaio 2002, n. 10 e dal DPR 7 aprile 2003, n.137- (G.U. n. 138 del 17.6.2003).

4) Posta Elettronica Certificata
Il servizio di posta elettronica che fornisce al mittente la prova legale dell'invio e della consegna di documenti informatici.
La posta elettronica certificata (PEC) è la trasmissione telematica di comunicazioni con ricevuta di invio e di una ricevuta di consegna e avviene ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68. La trasmissione del documento informatico per via telematica, effettuata mediante la posta elettronica certificata, equivale, nei casi consentiti dalla legge, alla notificazione per mezzo della posta e ha valore legale. La data e l'ora di trasmissione e di ricezione di un documento informatico trasmesso mediante posta elettronica certificata sono opponibili ai terzi se conformi alle disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, e alle relative regole tecniche.
Nei casi di invio o ricezione di messaggi verso caselle di posta elettronica tradizionale, il sistema non può eseguire tutti i passi previsti dal circuito della posta certificata e non esplica tutti i requisiti previsti dalla normativa vigente. Per tale ragione la trasmissione dei messaggi non ha gli stessi effetti legali di validità e opponibilità.
Decreti e regole tecniche
1. Codice dell'Amministrazione Digitale [DLgs 82/2005] in vigore dal 1° gennaio 2006, nuove forme di dialogo tra cittadini, imprese e PPAA.
2. Pubblicazione del DPR n. 68, Regolamento con disposizioni per l'utilizzo della Posta Elettronica Certificata verso regole tecniche
3. Regole Tecniche con decreto del Ministro per l'Innovazione e le Tecnologie del 2 novembre 2005.

LA DATA CERTA A cura di Rolando Dubini. Tratto da “Guide di Dada.Net”.
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MORTI SUL LAVORO AI MINIMI STORICI

Nel 2008, per la prima volta dal dopoguerra, gli infortuni mortali sul lavoro sono scesi al di sotto dei 1.200. L'anno scorso i decessi sul lavoro sono diminuiti del 7,2% fermandosi a quota 1.120, sette casi in meno rispetto al 2007. E' quanto emerge dal rapporto dell'Inail presentato in Parlamento. Aumentano, invece, le malattie professionali che salgono del 3,2% con 29.704 casi. Negli ultimi due anni, le patologie denunciate all'Inail sono cresciute di 3mila casi (+11%). Secondo l'Istituto di previdenza, l'andamento del 2008 non fa che confermare una tendenza che, con l'unica eccezione del 2006, è in corso ormai da molti anni: da un punto di vista statistico l'andamento storico del fenomeno degli infortuni mortali appare ridotto a un quarto rispetto ai primi anni Sessanta. Nel giro di circa 40 anni, infatti, si è passati dal tragico record storico di 4.664 morti sul lavoro del 1963, apice del boom economico, ai poco più di 1.500 di inizio millennio.

IL NEMICO PUBBLICO NUMERO UNO

Quanto ai peggiori pericoli per i lavoratori, il nemico numero uno è la strada colpevole di oltre la metà delle morti bianche. Dei 1.120 infortuni mortali del 2008, infatti, 335 sono quelli determinati da circolazione stradale in occasione di lavoro (autotrasportatori, commessi viaggiatori, addetti alla circolazione stradale) e 276 quelli in itinere, ovvero sul percorso casa-lavoro e viceversa, accaduti prevalentemente su strada.

INFORTUNI IN CALO MA NON PER TUTTI

Gli infortuni sul lavoro denunciati all'Inail (874.940) sono calati del 4,1% rispetto all'anno precedente (912.410) e del 14,5% negli ultimi otto anni. Il dato assume ancora più rilievo se si considera che, nello stesso arco di tempo, l'occupazione è aumentata dell'8,3%.Il miglioramento, tuttavia, non c'è stato per i lavoratori stranieri, tra i quali si è invece registrato un aumento (+2%) degli incidenti sul luogo di lavoro. Risulta invece sostanzialmente invariato il numero degli infortuni mortali agli immigrati, che rimangono intorno ai 180 casi.

LE MALATTIE PROFESSIONALI

Tra i primi posti in graduatoria risultano i tumori con 2mila denunce pervenute nel 2008: un fenomeno in crescita e non ancora pienamente rappresentato dai numeri. Una particolare importanza stanno infine assumendo i disturbi psichici correlati al lavoro: negli ultimi 15 anni si sono registrati circa 500 casi l'anno, per la maggior parte invididuati come mobbing.

IL BILANCIO

"Il sensibile miglioramento costituisce un fatto sociale importante, ma dobbiamo continuare, in modo ancora più deciso e strategico, su questa strada" così il presidente dell'Inail, Fabio Sartori, ha commentato i dati. "Nessuno, infatti - ha continuato Sartori - può negare che gli 875mila incidenti denunciati all'istituto lo scorso anno restino sempre una cifra molto elevata".

LA CRISI ED IL SOMMERSO

"Ora che la crisi economica tende a favorire il ricorso al sommerso e, comunque, al lavoro irregolare - ha affermato Gianfranco Fini, presidente della Camera - occorre assicurare il pieno rispetto della normativa sugli infortuni, attraverso l'attuazione di costanti verifiche presso i luoghi di lavoro".

LA PATENTE A PUNTI PER L'EDILIZIA

Una delle ipotesi allo studio del ministero del Welfare, Maurizio Sacconi, per contrastare il fenomeno degli incidenti sul lavoro è l'istituzione di una patente a punti per le imprese, a cominciare dal settore dell'edilizia. "Si potrà perdere - ha affermato il ministro - l'abilitazione al lavoro, che potrà essere riacquistata attraverso un percorso di riabilitazione".
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LE LESIONI MUSCOLO-SCHELETRICHE CORRELATE ALL'USO DI UTENSILI VIBRANTI

Infatti l’esposizione a vibrazioni generate da utensili portatili è “associata ad un aumentato rischio di insorgenza di lesioni vascolari, neurologiche e osteoarticolari a carico del sistema mano-braccio”. E l’insieme di queste lesioni - definito sindrome da vibrazioni mano-braccio – è caratterizzato dalle seguenti componenti: - “la componente vascolare della sindrome è rappresentata da una forma secondaria di fenomeno di Raynaud definita “vibration-induced white finger” (VWF) dagli autori anglosassoni; - la componente neurologica è caratterizzata da una neuropatia periferica prevalentemente sensitiva con distribuzione multifocale oppure confinata alle dita delle mani, i cui sintomi sono costituiti da parestesie, riduzione della sensibilità tattile e termica, e limitazione della destrezza manuale e della capacità di manipolazione fine; - la componente osteoarticolare comprende lesioni cronico-degenerative (prevalentemente osteoartrosiche) a carico dei segmenti ossei ed articolari degli arti superiori, in particolare a livello dei polsi e dei gomiti”.E i disordini muscolo-scheletrici degli arti superiori “rappresentano un gruppo eterogeneo di lesioni infiammatorie e/o degenerative che comprendono sia ben definiti quadri clinici (es. tenosinoviti, sindrome del tunnel carpale) o radiologici (es. osteoartrosi) sia disturbi aspecifici (dolore, rigidità articolare, parestesie) ai quali non è attribuita una precisa definizione nosologica”.Lo studio si occupa in specifico delle possibili evidenze epidemiologiche nei problemi legati:- alle patologie del collo e del distretto collo-spalla (es. cervicalgie, cervicobrachialgie aspecifiche, sindrome tensiva nucale, sindrome cervicale, …);- alle patologie del gomito (es. epicondilite mediale o laterale del gomito);- alle patologie del distretto mano-polso-avambraccio (es. tendiniti, peritendiniti, tenosinoviti, malattia di De Quervain e dito a scatto in “operatori addetti alla macellazione e insaccatura di carne, lavori di sartoria e cucito, impacchettamento di prodotti vari e operazioni di assemblaggio, ovvero condizioni lavorative che comportano un’esposizione combinata a posture sfavorevoli e movimenti ripetitivi e di forza”);- alla malattia di Dupuytren (caratterizzata da “proliferazione nodulare del tessuto fibroso dell’aponeurosi palmare con conseguente contrattura e flessione permanente delle dita delle mani, in particolare del IV e V segmento digitale”);- ai disturbi muscolo-scheletrici aspecifici dell’arto superiore (ad esempio in relazione alle mialgie, artralgie, rigidità articolare, parestesie e sensazione soggettiva di gonfiore agli arti superiori in “lavoratori esposti a vibrazioni e stress ergonomico, in particolare nei forestali”); - alle osteoartropatie dell’arto superiore: ricordando che le possibili alterazioni osteoarticolari causate da vibrazioni trasmesse all’arto superiore rappresentano ad oggi “un tema controverso”.Nel documento sono presente alcune tabelle esplicative in relazione:- agli studi sulla possibile “associazione tra sindrome del tunnel carpale (STC) ed esposizione combinata a fattori di rischio ergonomico e vibrazioni trasmesse al sistema mano-braccio”; - alle “lesioni anatomo-radiologiche a carico degli arti superiori in lavoratori di fonderia esposti a vibrazioni mano-braccio generate da scalpelli pneumatici e in controlli che svolgevano lavoro manuale pesante”;- alla “prevalenza di entesopatia del gomito (sperone olecranico) in lavoratori di fonderia esposti a vibrazioni mano-braccio generate da scalpelli pneumatici e in controlli che svolgevano lavoro manuale pesante, in rapporto all’età e all’esposizione giornaliera a vibrazioni espressa in termini di accelerazione equivalente normalizzata a 8 ore di lavoro”.Riportiamo infine alcune delle conclusioni a cui giungono gli autori di questo lavoro: - “le vibrazioni trasmesse al sistema mano-braccio svolgono un ruolo autonomo e dominante nell’insorgenza del fenomeno di Raynaud e di varie forme di neuropatia periferica prevalentemente sensitiva nei lavoratori le cui mansioni comportano un regolare e prolungato uso di utensili vibranti; - vi sono evidenze biomeccaniche che le vibrazioni di bassa frequenza e elevata ampiezza generate da utensili a movimento percussorio causano, in concorso con altri fattori di stress ergonomico, alterazioni cronicodegenerative a carico dei segmenti ossei e delle articolazioni degli arti superiori, in particolare a livello del polso e del gomito; - vi sono forti evidenze epidemiologiche e sperimentali che l’esposizione combinata a vibrazioni mano-braccio e fattori di rischio biomeccanico (ripetitività, forza, postura) è associata ad un elevato e significativo aumento dell’occorrenza di sindrome del tunnel carpale; - vi è una limitata evidenza, documentata da un piccolo numero di studi epidemiologici, di una possibile associazione tra malattia di Dupuytren e uso professionale di utensili vibranti; - vi sono insufficienti evidenze che l’esposizione a vibrazioni mano-braccio svolga un ruolo indipendente rispetto ad altri fattori di rischio biomeccanico nell’insorgenza di patologie muscolo-scheletriche sia aspecifiche sia clinicamente ben definite a carico del collo e degli arti superiori”.
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24 gennaio 2009

cosa è il DPS

COSA E' IL DPS: E' l'unico documento in grado di attestare l'adeguamento della struttura alla normativa sulla tutela dei dati personali. Deve essere aggiornato entro il 31 marzo di ogni anno . Il DPS è un manuale di pianificazione della sicurezza dei dati in azienda: descrive come si tutelano i dati personali di dipendenti, collaboratori, clienti, utenti, fornitori ecc. in ogni fase e ad ogni livello (fisico, logico, organizzativo) e come si tuteleranno in futuro (programmazione, implementazione misure, verifiche, analisi dei risultati ecc.). In ogni caso si tratta di un consistente piano di gestione della sicurezza, disponibilità ed integrità dei dati, avente data certa a prova formale dell'adeguamento sostenuto.

SCOPO DEL DPS: descrivere la situazione attuale (analisi dei rischi, distribuzione dei compiti, misure approntate, distribuzione delle responsabilità ecc.) ed il percorso di adeguamento prescelto dalla struttura per adeguarsi alla normativa privacy. Nel Documento Programmatico per la Sicurezza devono essere definiti i compiti e le responsabilità in materia di sicurezza e descritti i criteri utilizzati per la valutazione dei rischi, al fine di adottare un piano di interventi per la tutela e la protezione:a) delle aree e dei locali;b) dell'integrità dei dati;c) delle trasmissioni dei dati.
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Documento Programmatico sulla Sicurezza

L'adozione di un documento programmatico sulla sicurezza (DPS) è un obbligo previsto dal DL 196/2003 normativa sulla protezione dei dati personali, che sostituisce e abroga la legge 675/96; l'obbligo esiste per tutte le aziende, liberi professionisti, enti o associazioni che trattano i dati personali, anche sensibili con strumenti elettronici. Il documento, a partire dal 31/03/2006 (ultima proroga concessa per mettersi definitivamente in regola) va predisposto ed aggiornato annualmente entro il 31 marzo successivo, affinché si attesti la corretta adozione delle previste procedure che riguardano il trattamento dei dati personali e deve soddisfare anche deteminati obblighi di legge, se previsti (p.e. se ne deve dare comunicazione nella relazione allegata al Bilancio d'esercizio).
I contenuti del documento sono elencati al punto 19 del Disciplinare tecnico in materia di misure minime di sicurezza e sono:
1) l'elenco dei trattamenti di dati personali;
2) la distribuzione dei compiti e delle responsabilità nell'ambito delle strutture preposte al trattamento dei dati;
3)l'analisi dei rischi che incombono sui dati;
4)le misure da adottare per garantire l'integrità e la disponibilità dei dati, nonché la protezione delle aree e dei locali, rilevanti ai fini della loro custodia e accessibilità;
5)la descrizione dei criteri e delle modalità per il ripristino della disponibilità dei dati in seguito a distruzione o danneggiamento di cui al successivo punto 23;
6)la previsione di interventi formativi degli incaricati del trattamento, per renderli edotti dei rischi che incombono sui dati, delle misure disponibili per prevenire eventi dannosi, dei profili della disciplina sulla protezione dei dati personali più rilevanti in rapporto alle relative attività, delle responsabilità che ne derivano e delle modalità per aggiornarsi sulle misure minime adottate dal titolare. La formazione è programmata già al momento dell'ingresso in servizio, nonché in occasione di cambiamenti di mansioni, o di introduzione di nuovi significativi strumenti, rilevanti rispetto al trattamento di dati personali;
7)la descrizione dei criteri da adottare per garantire l'adozione delle misure minime di sicurezza in caso di trattamenti di dati personali affidati, in conformità al codice, all'esterno della struttura del titolare;
8)per i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale di cui al punto 24, l'individuazione dei criteri da adottare per la cifratura o per la separazione di tali dati dagli altri dati personali dell'interessato.
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Documento Unico Valutazione dei Rischi da Interferenze

La realizzazione del Documento Unico per la Valutazione Rischi da Interferenze (più conosciuto con l'acronimo DUVRI) è un obbligo in materia di sicurezza del lavoro, introdotto dall'art. 26 del Testo Unico sulla sicurezza del lavoro, il D. Lgs. n. 81/2008 che ha codificato in un unico testo quanto disposto da varie normative e che riprende il disposto contenuto nell'art. 7 del D.Lgs. 626/94, sostituendolo.

Origine del DUVRI

La denominazione DUVRI, non inserita nel citato Testo Unico, ma divenuta ormai d'uso comune, deriva dalla determinazione n. 3/2008 dell'Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici di Lavori, Servizi e Forniture, pubblicata sulla G.U. n. 64 del 15 marzo 2008, recante norme sulla sicurezza nell'esecuzione degli appalti relativi a servizi e forniture, sulla predisposizione del documento unico di valutazione dei rischi e sulla determinazione dei costi della sicurezza.

Contenuto

Il DUVRI deve essere elaborato qualora una ditta esterna intervenga nell'unità produttiva per effettuare lavori di manutenzione o impiantare cantieri temporanei non soggetti all'obbligo di stesura del Piano di Sicurezza e Coordinamento, in conformità a quanto disposto dal dall'art. 26 del D.Lgs. 81/2008, ove recita:
« Il datore di lavoro committente promuove la cooperazione ed il coordinamento di cui al comma 2, elaborando un unico documento di valutazione dei rischi che indichi le misure adottate per eliminare o, ove ciò non è possibile, ridurre al minimo i rischi da interferenze. »
(art. 26, comma 3 del D.Lgs. 81/2008)
La redazione di tale documento, quindi, deve essere promossa dall'azienda committente, sia essa pubblica o privata; quest'ultima è tenuta a contattare il proprio fornitore ed attivare tutte le procedure necessarie che portino alla definizione del DUVRI.
Finalità del DUVRI
I principali scopi del DUVRI, sono:

valutare i rischi derivanti dalle interferenze reciproche dovuti alle due diverse attività (ad esempio uso di sostanze pericolose, formazione di scintille in ambienti con rischio esplosione, presenza di rischio chimico, manomissione e intralcio delle via di fuga etc.);
indicare le misure adottate per eliminare i rischi da interferenza;
indicare le misure adottate per ridurre al minimo i rischi non eliminabili;
verificare che le maestranze incaricate dei lavori siano in possesso dei requisiti tecnici adeguati;
accertare che le maestranze incaricate dei lavori siano in regola con le posizioni assicurative INAIL.
Sono esclusi dal campo di applicazione solo gli interventi esterni configurabili come prestazioni intellettuali.
Il DUVRI deve essere allegato al contratto d'appalto o d'opera.
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Testo Unico sicurezza sul lavoro

Per Testo Unico Sicurezza Lavoro o T.U.S.L. (acronimo con cui per brevità si individua la nuova normativa) si intende, nell'ambito del diritto italiano, l'insieme di norme contenute nel Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81 che - in attuazione dell'articolo 1 della Legge 3 agosto 2007, n. 123 - ha riformato, riunito ed armonizzato, abrogandole, le disposizioni dettate da numerose precedenti normative in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro succedutesi nell'arco di quasi sessant'anni, al fine di adeguare il corpus normativo all'evolversi della tecnica e del sistema di organizzazione del lavoro.
Il nuovo T.U.S.L. ha previsto l'abrogazione (con differenti modalità temporali) delle seguenti normative:
D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547;
D.P.R. 7 gennaio 1956 n. 164;
D.P.R. 19 marzo 1956, n. 303, fatta eccezione per l’articolo 64;
D.Lgs. 15 agosto 1991, n. 277;
D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626;
D.Lgs. 14 agosto 1996, n. 493;
D.Lgs. 14 agosto 1996, n. 494;
D.Lgs. 19 agosto 2005, n. 187;
art. 36 bis, commi 1 e 2 del D.L. 4 luglio 2006 n. 223, convertito con modificazioni dalla L. 5 agosto 2006 n. 248;
artt. 2, 3, 5, 6 e 7 della L. 3 agosto 2007, n. 123.
Il D.Lgs 81/2008 è formato da 306 articoli che sono suddivisi nei seguenti titoli:
Titolo I - (art. 1-61)
Principi comuni (Disposizioni generali, sistema istituzionale, gestione della previdenza nei luoghi di lavoro, disposizioni penali)
Titolo II (art. 62-68)
Luoghi di lavoro (Disposizioni generali, Sanzioni)
Titolo III (art. 69-87)
Uso delle attrezzature di lavoro e dei dispositivi di protezione individuale (Uso delle attrezzature di lavoro, uso dei dispositivi di protezione individuale, impianti e apparecchiature elettriche)
Titolo IV (art. 88-160)
Cantieri temporanei o mobili (Misure per la salute e sicurezza nei cantieri temporanei e mobili, Norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro nelle costruzioni e nei lavori in quota, sanzioni)
Titolo V (art. 161-166)
Segnaletica di salute e sicurezza sul lavoro (Disposizioni generali, sanzioni)
Titolo VI (art. 167-171)
Movimentazione manuale dei carichi (Disposizioni generali, sanzioni)
Titolo VII (art. 172-179)
Attrezzature munite di videoterminali (Disposizioni generali, obblighi del datore di lavoro, dei dirigenti e dei preposti, sanzioni)
Titolo VIII (art. 180-220)
Agenti fisici (Disposizioni generali, protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore durante il lavoro, protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a vibrazioni, protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a campi elettromagnetici, protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a radiazioni ottiche, sanzioni)
Titolo IX (art. 221-265)
Sostanze pericolose (protezione da agenti chimici, protezione da agenti cancerogeni e mutageni, protezione dai rischi connessi all’esposizione all’amianto, sanzioni)
Titolo X (art. 266-286)
Esposizione ad agenti biologici (obblighi del datore di lavoro, sorveglianza sanitaria, sanzioni)
Titolo XI (art. 287-297)
Protezione da atmosfere esplosive (disposizioni generali, obblighi del datore di lavoro, sanzioni)
Titolo XII (art. 298 - 303)
Disposizioni diverse in materia penale e di procedura penale
Titolo XIII (art. 304 - 306)
Disposizioni finali
La struttura della legge è impostata prima con la individuazione dei soggetti responsabili e po con la desrizione delle misure gestionali e degli adeguamenti tecnici necessari per ridurre i rischi lavorativi. Alla fine di ciascun titolo sono indicate le sanzioni in caso di inadempienza.
Al testo degli articoli del decreto sono stati aggiunti altri 51 allegati tecnici che riportano in modo sistematico e coordinato le prescrizioni tecniche di quasi tutte le norme più importati emanate in italia dal dopoguerra ad oggi.
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Sicurezza sul lavoro

La sicurezza sul luogo di lavoro consiste in tutta quella serie di precauzioni - codificate e previste legislativamente - che devono essere adottate dal datore di lavoro, dai suoi collaboratori e dai lavoratori stessi. Queste precauzioni devono essere prima vagliate e standardizzate per lo specifico luogo di lavoro da tecnici specializzati in collaborazione ai responsabili dei reparti aziendali.
Le MISURE GESTIONALI DI SICUREZZA e le indicazioni tecniche per l' ADEGUAMENTO DELL'EDIFICIO ED IMPIANTI devono essere funzionali per ridurre la possibilità di infortuni ai dipendenti della azienda o ad altri collaboratori esterni (subcontraenti). Ulteriori misure di igiene e sicurezza devono proteggere l'individuo umano dalla possibilita' di contrarre malattie professionali.
In Italia, la sicurezza sul lavoro è oggi regolamentata dal decreto D. Lgs. 81/2008 comunemente conosciuto come Testo Unico Sicurezza Lavoro entrato in vigore, per la quasi totalità degli articoli, il 15 maggio 2008. La nuova Legge abroga molti disposti normativi storici (risalenti al 1955 e 1956) ed altri anche molto recenti (D.Lgs 626/1994), inasprendo pesantemente le sanzioni a carico degli inadempienti.
Anche per quanto riguarda i cantieri temporanei o mobili il D. Lgs. 81/2008 abroga il precedente decreto D.Lgs 494/1996” introducendo importanti modifiche ed inserendo specifiche norme tecniche negli allegati.
Consegue dalla omissione delle precauzioni in materia sia la responsabilità penale del datore di lavoro che il diritto al risarcimento del danno, in favore del lavoratore subordinato. Gli indennizzi ai lavoratori infortunati vengono erogati da parte dell'INAIL (Istituto Nazionale Assicurazione Infortuni sul Lavoro) che è l'istituto assicurativo al quale tutti i lavoratori devono essere iscritti, con il pagamento dei relativi contributi da parte della ditta.
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23 gennaio 2009

Nuovi rischi sul lavoro: Le nanoparticelle

Le nanoparticelle come possibile rischio per la salute dei lavoratori. Un recente intervento a cura della Direzione Sanità, Prevenzione Sanitaria ambienti di vita e di lavoro della Regione Piemonte, ha posto l’attenzione su questo particolare tipo di materiale presente negli ambienti di lavoro.
Le particelle nanometriche, o nanoparticelle, caratterizzate da dimensioni ridottissime vengono prodotte già da diversi anni in notevole quantità sotto forma di nerofumo e alcune tipologie di silice destinato all’industria di pneumatici. Ultimamente, i nanomateriali vengono impiegati sempre di più anche nella produzione di componenti elettronici, strumenti sportivi (es. racchette da tennis), indumenti anti-macchia, schermi solari, cosmetici, vernici e colori per il comparto ceramico. Sono, inoltre, utilizzati in medicina a scopo diagnostico, nell’industria dei trasporti e in quella aerospaziale. L’esposizione a questo specifico tipo di particelle negli ambienti di lavoro, è associata in particolar modo alle lavorazioni che comportano la produzione dei “nano-sottoprodotti”. Esempi di tali attività sono la saldatura, il taglio termico, l’impiego di motori diesel, la brasatura, la smerigliatura e la fusione di metalli.Le nanoparticelle possono essere assorbite dal corpo umano per inalazione, ingestione e per via dermica. La via di esposizione principale nei luoghi di lavoro è quella inalatoria.Con la Comunicazione della Commissione CE [SEC(2008) 2036] del 17/6/2008 viene inoltre annunciato che ai nanomateriali si applicano le previsioni del REACH, incluse quelle attinenti alla valutazione del rischio (registrazione, valutazione, autorizzazione e restrizioni).Le particelle di dimensioni nanometriche, rappresentano dunque un rischio lavorativo esistente, anche se di difficile rilevazione e non ancora regolato da una specifica normativa.
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Denuncia degli impianti di messa a terra

Il D.P.R. n. 462/01 "Regolamento di semplificazione del procedimento per la denuncia di installazioni e dispositivi di protezione dalle scariche atmosferiche, di dispositivi di messa a terra di impianti elettrici e di impianti elettrici pericolosi" pubblicato su G.U. della Repubblica Italiana del 08/01/2002 n. 6.
Questo regolamento semplifica alcune procedure in materia di sicurezza.
In particolare, per quanto riguarda gli impianti elettrici di messa a terra e/o i dispositivi di protezione contro le scariche atmosferiche a partire dal 23/01/2002:
NON OCCORRE più presentare la denuncia (mod. B) per gli impianti elettrici di messa a terra e/o per i dispositivi di protezione contro le scariche atmosferiche (mod. A) in luoghi di lavoro in presenza di lavoratore subordinato.
Il datore di lavoro cosi come indicato nell’articolo 2 del D.P.R. 462/01, del quale si riportano di seguito i commi 2 e 3 , dovrà provvedere ai seguenti adempimenti:
"comma 2. Entro trenta giorni dalla messa in esercizio dell’impianto, il datore di lavoro invia la dichiarazione di conformità all’ISPESL ed all’ASL o ARPA territorialmente competenti".
"Comma 3. Nei comuni singoli o associati ove è stato attivato lo sportello unico per le attività produttive la dichiarazione di cui al comma 2 è presentata allo stesso".
Dal 23/01/2002 occorre inviare allo sportello unico del Comune di competenza (se attivato) oppure all'ISPESL e alla ASL la Dichiarazione di Conformità, in originale, copia conforme o fotocopia.
Ai fini degli obblighi previsti dall’art. 2, comma 2 del DPR 462/01, non è necessario inviare con la dichiarazione di conformità anche gli allegati obbligatori e facoltativi previsti dal DM 20/02/92. Tali allegati devono, invece, essere conservati presso il luogo dove è situato l’impianto e resi disponibili in occasione della visita del verificatore, che potrà richiedere in visione ed eventualmente acquisirli in copia, ai fini dell’effettuazione degli accertamenti tecnici.
Si precisa che la dichiarazione di conformità va inoltrata al Dipartimento ISPESL di competenza unitamente al modulo di trasmissione predisposto dall’Istituto.
Nei casi di "manutenzione straordinaria" dell’impianto non è necessario ripresentare denuncia, perché si deve ritenere che sia un impianto già in esercizio e quindi non soggetto all’art. 2 del DPR del 22/10/2001 n° 462.
Si rimanda comunque al testo del D.P.R. 462/01.
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