25 giugno 2009

QUALE SANZIONE PER CHI NON REDIGE IL PIANO OPERATIVO DI SICUREZZA"POS"?

La Cassazione pone un rimedio ad una “svista” del legislatore in merito alla sanzione da applicare per chi omette di redigere il POS ex D. Lgs. 494/1996. È la stessa per chi omette di redigere il documento di valutazione dei rischi di cui al D. Lgs. 626/1994.

CORTE DI CASSAZIONE – III Sezione Penale - Sentenza n. 2848 del 25 gennaio 2007 (udienza pubblica 7 dicembre 2006) - Pres. Lupo – Est. De Maio – P. M. Di Popolo - Ric. L. C. –mancata redazione, Piano Operativo di Sicurezza ex D. Lgs. 494/1996, documento di valutazione dei rischi, D. Lgs. 626/1994, sanzione, POS.

La Corte di Cassazione pone un rimedio ad una “svista” del legislatore in merito alla sanzione da applicare per chi omette di redigere il Piano Operativo di Sicurezza (POS) di cui al D. Lgs. n. 494/1996 così come modificato dal D. Lgs. n. 528/1999.

Il caso riguarda un datore di lavoro chiamato a rispondere della violazione di cui all’art. 9 comma 1 lett. c bis del D. Lgs. n. 494/1996 e s.m.i. per avere, quale rappresentante di una società esercente l’attività di edilizia, omesso di redigere il piano esecutivo di sicurezza (POS) senza poi provvedere al pagamento della sanzione irrogata dall’organo di vigilanza e che è stato condannato quindi dal Tribunale alla pena ritenuta di giustizia perché riconosciuto colpevole "del reato di cui al D. Lgs. n. 626 del 1994, art. 4, comma 2 e art. 89, così riqualificato il reato di cui al capo di imputazione".

L’imputato ha inteso proporre ricorso contro la sentenza del Tribunale alla Corte di Cassazione sostenendo che la "la mancata adozione del piano di sicurezza non è assolutamente sanzionata penalmente dal D. Lgs. n. 494 del 1996” e che “non è possibile applicare alla fattispecie la sanzione di cui al D. Lgs. n. 626 del 1994, art. 89, comma 1, ostandovi i principi di tassatività e legalità che informano il sistema penale".

La Suprema Corte ha però rigettato il ricorso considerandolo infondato ed ha ritenuta, invece, corretta la decisione adottata dal primo giudice il quale ha giustamente riferito il fatto contestato all’art. 4 comma 2 ed all’art. 89 del D. Lgs. n. 626/1994 in quanto l’art. 9, comma 1, lett. c bis del D. Lgs. n. 494/1996, stabilisce che i datori di lavoro "redigono il piano operativo di sicurezza di cui all'articolo 2, comma 1, lettera f ter" definito dalla stessa norma come "il documento che il datore di lavoro dell'impresa esecutrice redige, in riferimento al singolo cantiere interessato, ai sensi del D. Lgs. 19 settembre 1994, n. 626, art. 4 e successive modifiche".

La III Sezione ha, quindi, ritenuto chiarissimo e indiscutibile il rinvio operato dal D. Lgs. n. 494/1996 all’art. 4 del D. Lgs. n. 626/1994 ed alla relativa sanzione stabilita dall'art. 89 dello stesso D. Lgs. ed insostenibile, d’altro canto, l’affermazione che il precetto di cui all’art. 9 del D. Lgs. n. 494/1996 sia un precetto senza sanzione in quanto il rinvio operato all’art. 4 del D. Lgs. n. 626/1994 nei termini sopra precisati è comprensivo necessariamente della sanzione prevista per la relativa violazione. Quanto sopra, ha precisato la Corte di Cassazione, perché:
A) se così non fosse resterebbe incomprensibile la ragione per cui la mancata redazione del piano di sicurezza non dovrebbe essere interessata dalla sanzione prevista dal successivo art. 89, una volta stabilito che detto piano è, per il gioco dei rinvii sopracitato, proprio quello di cui all’art. 4 comma 2 del D. Lgs. n. 626/1994;

B) il piano operativo di sicurezza deve essere redatto, secondo la formulazione normativa, ai sensi dell’art. 4 del D. Lgs. n. 626/1994, disposizione quest'ultima che trova la relativa sanzione nell'art. 89 citato e che, pertanto, non può non essere letta in coordinato con l'art. 89 stesso. Ritenere che il rinvio sia stato operato solo al contenuto precettivo e non anche alla sanzione significherebbe, secondo la Corte di Cassazione, svuotare di contenuto il rinvio e, in definitiva, ipotizzare un assurdo normativo e cioè che il piano operativo di sicurezza non sarebbe redatto ai sensi dell’art. 4 del D. Lgs. n. 626/1994;

C) una interpretazione in tal senso è supportata anche da quanto indicato nell’art. 9 comma 2 del D. Lgs. n. 494/1996 il quale stabilisce che " l'accettazione da parte di ciascun datore di lavoro delle imprese esecutrici del piano di sicurezza e di coordinamento di cui all'art. 12 e la redazione del piano operativo di sicurezza costituiscono... adempimento alle disposizioni di cui all'art. 4, commi 1, 2 e 7… del decreto legislativo n. 626 del 1994". Tale norma ha un senso compiuto, conclude la Suprema Corte, solo se si ritiene che contenga un rinvio anche alla sanzione comminata per la relativa violazione.

Commento a cura di Gerardo Porreca.
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COME GARANTIRE LA "DATA CERTA DEL DOCUMENTO DI VALUTAZIONE DEI RISCHI

Il riferimento all'art. 28 del Decreto Legislativo 81/08 riportiamo alcune indicazioni dell'avv. Rolando Dubini che meglio chiariscono come garantire la “Data Certa” del documento di valutazione dei rischi.

“Art. 28 - Oggetto della valutazione dei rischi
1. La valutazione di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a), anche nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze o dei preparati chimici impiegati, nonché nella sistemazione dei luoghi di lavoro, deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori (...). 2. Il documento di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a), redatto a conclusione della valutazione, deve avere DATA CERTA [...]”

1) Garante per la protezione dei dati personali - Provvedimento del 5 dicembre 2000 - Misure minime di sicurezza - Chiarimenti sulla data certa dell'atto previsto dall'art. 1 della L. 325/2000 (estratti)
Sono pervenuti al Garante alcuni quesiti inerenti le modalità (...) per adottare il documento previsto dall'art. 1 della medesima legge n. 325 con un atto "avente data certa".
Il Garante ritiene opportuno fornire alcuni chiarimenti in ordine a tale aspetto, in quanto rileva ai fini della corretta applicazione delle citate fonti normative. (...)
In proposito, per quanto di competenza, il Garante osserva che tale requisito si collega con la comune disciplina civilistica in materia di prove documentali e, in particolare, con quanto previsto dagli artt. 2702 - 2704 del codice civile, i quali recano un'elencazione non esaustiva degli strumenti per attribuire data certa ai documenti, consentendo di provare tale data anche in riferimento a ogni "fatto che stabilisca in modo egualmente certo l'anteriorità della formazione del documento" (art. 2704, terzo comma, cod. civ.).

[Art. 2704 (Data della scrittura privata nei confronti dei terzi)
La data della scrittura privata della quale non è autenticata la sottoscrizione non è certa e computabile riguardo ai terzi, se non dal giorno in cui la scrittura è stata registrata o dal giorno della morte o della sopravvenuta impossibilità fisica di colui o di uno di coloro che l'hanno sottoscritta o dal giorno in cui il contenuto della scrittura è riprodotto in atti pubblici o, infine, dal giorno in cui si verifica un altro fatto che stabilisca in modo egualmente certo l'anteriorità della formazione del documento.
La data della scrittura privata che contiene dichiarazioni unilaterali non destinate a persona determinata può essere accertata con qualsiasi mezzo di prova.
Per l'accertamento della data nelle quietanze il giudice, tenuto conto
delle circostanze, può ammettere qualsiasi mezzo di prova.]

La legge n. 325/2000 presuppone quindi che il documento in questione sia collegabile ad un fatto oggettivo attribuibile al soggetto che lo invoca, ma sottratto alla sua esclusiva sfera di disponibilità.
In questa prospettiva, senza pretesa di indicare in modo esauriente tutti i possibili strumenti idonei ad assegnare al documento una data certa, il Garante richiama l'attenzione dei titolari del trattamento sulle seguenti possibilità che appaiono utilmente utilizzabili:
a) ricorso alla c.d. "autoprestazione" presso uffici postali prevista dall'art. 8 del d.lg. 22 luglio 1999, n. 261, con apposizione del timbro direttamente sul documento avente corpo unico, anziché sull'involucro che lo contiene;
b) in particolare per le amministrazioni pubbliche, adozione di un atto deliberativo di cui sia certa la data in base alla disciplina della formazione, numerazione e pubblicazione dell'atto;
c) apposizione della c.d. marca temporale sui documenti informatici (art. 15, comma 2, legge 15 marzo 1997, n. 59; d.P.R. 10 novembre 1997, n. 513; artt. 52 ss. d.P.C.M. 8 febbraio 1999);
d) apposizione di autentica, deposito del documento o vidimazione di un verbale, in conformità alla legge notarile; formazione di un atto pubblico;
e) registrazione o produzione del documento a norma di legge presso un ufficio pubblico.
Roma, li 5 dicembre 2000

2) Decreto Legislativo 22 luglio 1999, n. 261 - "Attuazione della direttiva 97/67/CE concernente regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari e per il miglioramento della qualità del servizio" pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 182 del 5 agosto 1999

Art. 8 (Autoprestazione)
1. E' consentita, senza autorizzazione, la prestazione di servizi postali da parte della persona fisica o giuridica che e' all'origine della corrispondenza (autoprestazione) oppure da parte di un terzo che agisce esclusivamente in nome e nell'interesse dell'autoproduttore.

3) Marca Temporale
Il sistema basa la propria modalità di certificazione della marca temporale su un procedimento informatico regolamentato dalla legge italiana, che permette di datare in modo certo ed opponibile a terzi un oggetto digitale (file). La Data Certa è un servizio di certificazione temporale apposto, AD ESEMPIO, tramite il servizio INFOCAMERE della Camera di Commercio che permette di datare in modo certo ed opponibile a terzi qualunque tipo di documento.
La validazione temporale è infatti il risultato della procedura informatica con cui si attribuiscono, ad uno o più documenti informatici, una data ed un orario opponibili a terzi.
Validità giuridica della marca temporale
Tra i profili probatori del documento informatico assume un'importanza fondamentale l'attribuzione della cosiddetta 'data certa' e cioè la prova con validità erga omnes della formazione del documento in un certo arco temporale o, comunque, della sua esistenza anteriormente ad un dato evento (art. 2704 codice civile).
Nel tradizionale sistema di documentazione cartacea, l'attribuzione della data certa (efficace nei confronti dei terzi e non solo tra le parti) deriva principalmente dal riscontro di un'attestazione fatta da un soggetto terzo ed imparziale depositario di pubbliche funzioni. L'innovazione tecnologica permette di avere oggi strumenti in grado di garantire una datazione certa su qualsiasi tipologia di documento informatico (file), in particolare, grazie alle tecnologie legate alla firma digitale ed all'infrastruttura normativa vigente in Italia è oggi possibile datare in maniera certa ed opponibile a terzi un documento informatico attraverso la marca temporale. La marca temporale (digital time stamp) attesta infatti l'esistenza di un documento informatico (o meglio di un file informatico) ad una determinata data ed ora ('validazione temporale').
L'apposizione di una marca temporale produce l'effetto giuridico di attribuire 'ad uno o più documenti informatici una data ed un orario opponibili ai terzi' (art. 8 comma 1, e art 22, comma 1, lettera g, d.p.r. n. 445/2000) e, dunque, non solo efficaci tra le parti. La veridicità ed esattezza di una marca temporale, come per i certificati delle chiavi pubbliche si presume fino a prova contraria. Può essere oggetto di validazione temporale qualunque file informatico e, pertanto, non solo testi, ma anche immagini, suoni, filmati, software, ecc.
La marca temporale viene effettuata da un servizio di un certificatore qualificato (accreditato CNIPA) al quale viene trasmesso l'HASH del file da marcare e sul quale viene generata la marca temporale. L'hash è un file di pochi bytes. La successiva verifica della marcatura temporale avviene tramite una procedura software che rigenera l'hash del file e ne verifica la corrispondenza con l'eguale marcato temporalmente.

Riferimenti Normativi
D.P.C.M. 13 gennaio 2004 - Regole tecniche per la formazione, la trasmissione, la conservazione, la duplicazione, la riproduzione e la validazione, anche temporale, dei documenti informatici.
Decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000 n. 445 - Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa (S. O. alla G. U. n. 42 del 20 febbraio 2001) integrato con le modifiche apportate dal D.Lgs. 23 gennaio 2002, n. 10 e dal DPR 7 aprile 2003, n.137- (G.U. n. 138 del 17.6.2003).

4) Posta Elettronica Certificata
Il servizio di posta elettronica che fornisce al mittente la prova legale dell'invio e della consegna di documenti informatici.
La posta elettronica certificata (PEC) è la trasmissione telematica di comunicazioni con ricevuta di invio e di una ricevuta di consegna e avviene ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68. La trasmissione del documento informatico per via telematica, effettuata mediante la posta elettronica certificata, equivale, nei casi consentiti dalla legge, alla notificazione per mezzo della posta e ha valore legale. La data e l'ora di trasmissione e di ricezione di un documento informatico trasmesso mediante posta elettronica certificata sono opponibili ai terzi se conformi alle disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, e alle relative regole tecniche.
Nei casi di invio o ricezione di messaggi verso caselle di posta elettronica tradizionale, il sistema non può eseguire tutti i passi previsti dal circuito della posta certificata e non esplica tutti i requisiti previsti dalla normativa vigente. Per tale ragione la trasmissione dei messaggi non ha gli stessi effetti legali di validità e opponibilità.
Decreti e regole tecniche
1. Codice dell'Amministrazione Digitale [DLgs 82/2005] in vigore dal 1° gennaio 2006, nuove forme di dialogo tra cittadini, imprese e PPAA.
2. Pubblicazione del DPR n. 68, Regolamento con disposizioni per l'utilizzo della Posta Elettronica Certificata verso regole tecniche
3. Regole Tecniche con decreto del Ministro per l'Innovazione e le Tecnologie del 2 novembre 2005.

LA DATA CERTA A cura di Rolando Dubini. Tratto da “Guide di Dada.Net”.
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MORTI SUL LAVORO AI MINIMI STORICI

Nel 2008, per la prima volta dal dopoguerra, gli infortuni mortali sul lavoro sono scesi al di sotto dei 1.200. L'anno scorso i decessi sul lavoro sono diminuiti del 7,2% fermandosi a quota 1.120, sette casi in meno rispetto al 2007. E' quanto emerge dal rapporto dell'Inail presentato in Parlamento. Aumentano, invece, le malattie professionali che salgono del 3,2% con 29.704 casi. Negli ultimi due anni, le patologie denunciate all'Inail sono cresciute di 3mila casi (+11%). Secondo l'Istituto di previdenza, l'andamento del 2008 non fa che confermare una tendenza che, con l'unica eccezione del 2006, è in corso ormai da molti anni: da un punto di vista statistico l'andamento storico del fenomeno degli infortuni mortali appare ridotto a un quarto rispetto ai primi anni Sessanta. Nel giro di circa 40 anni, infatti, si è passati dal tragico record storico di 4.664 morti sul lavoro del 1963, apice del boom economico, ai poco più di 1.500 di inizio millennio.

IL NEMICO PUBBLICO NUMERO UNO

Quanto ai peggiori pericoli per i lavoratori, il nemico numero uno è la strada colpevole di oltre la metà delle morti bianche. Dei 1.120 infortuni mortali del 2008, infatti, 335 sono quelli determinati da circolazione stradale in occasione di lavoro (autotrasportatori, commessi viaggiatori, addetti alla circolazione stradale) e 276 quelli in itinere, ovvero sul percorso casa-lavoro e viceversa, accaduti prevalentemente su strada.

INFORTUNI IN CALO MA NON PER TUTTI

Gli infortuni sul lavoro denunciati all'Inail (874.940) sono calati del 4,1% rispetto all'anno precedente (912.410) e del 14,5% negli ultimi otto anni. Il dato assume ancora più rilievo se si considera che, nello stesso arco di tempo, l'occupazione è aumentata dell'8,3%.Il miglioramento, tuttavia, non c'è stato per i lavoratori stranieri, tra i quali si è invece registrato un aumento (+2%) degli incidenti sul luogo di lavoro. Risulta invece sostanzialmente invariato il numero degli infortuni mortali agli immigrati, che rimangono intorno ai 180 casi.

LE MALATTIE PROFESSIONALI

Tra i primi posti in graduatoria risultano i tumori con 2mila denunce pervenute nel 2008: un fenomeno in crescita e non ancora pienamente rappresentato dai numeri. Una particolare importanza stanno infine assumendo i disturbi psichici correlati al lavoro: negli ultimi 15 anni si sono registrati circa 500 casi l'anno, per la maggior parte invididuati come mobbing.

IL BILANCIO

"Il sensibile miglioramento costituisce un fatto sociale importante, ma dobbiamo continuare, in modo ancora più deciso e strategico, su questa strada" così il presidente dell'Inail, Fabio Sartori, ha commentato i dati. "Nessuno, infatti - ha continuato Sartori - può negare che gli 875mila incidenti denunciati all'istituto lo scorso anno restino sempre una cifra molto elevata".

LA CRISI ED IL SOMMERSO

"Ora che la crisi economica tende a favorire il ricorso al sommerso e, comunque, al lavoro irregolare - ha affermato Gianfranco Fini, presidente della Camera - occorre assicurare il pieno rispetto della normativa sugli infortuni, attraverso l'attuazione di costanti verifiche presso i luoghi di lavoro".

LA PATENTE A PUNTI PER L'EDILIZIA

Una delle ipotesi allo studio del ministero del Welfare, Maurizio Sacconi, per contrastare il fenomeno degli incidenti sul lavoro è l'istituzione di una patente a punti per le imprese, a cominciare dal settore dell'edilizia. "Si potrà perdere - ha affermato il ministro - l'abilitazione al lavoro, che potrà essere riacquistata attraverso un percorso di riabilitazione".
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LE LESIONI MUSCOLO-SCHELETRICHE CORRELATE ALL'USO DI UTENSILI VIBRANTI

Infatti l’esposizione a vibrazioni generate da utensili portatili è “associata ad un aumentato rischio di insorgenza di lesioni vascolari, neurologiche e osteoarticolari a carico del sistema mano-braccio”. E l’insieme di queste lesioni - definito sindrome da vibrazioni mano-braccio – è caratterizzato dalle seguenti componenti: - “la componente vascolare della sindrome è rappresentata da una forma secondaria di fenomeno di Raynaud definita “vibration-induced white finger” (VWF) dagli autori anglosassoni; - la componente neurologica è caratterizzata da una neuropatia periferica prevalentemente sensitiva con distribuzione multifocale oppure confinata alle dita delle mani, i cui sintomi sono costituiti da parestesie, riduzione della sensibilità tattile e termica, e limitazione della destrezza manuale e della capacità di manipolazione fine; - la componente osteoarticolare comprende lesioni cronico-degenerative (prevalentemente osteoartrosiche) a carico dei segmenti ossei ed articolari degli arti superiori, in particolare a livello dei polsi e dei gomiti”.E i disordini muscolo-scheletrici degli arti superiori “rappresentano un gruppo eterogeneo di lesioni infiammatorie e/o degenerative che comprendono sia ben definiti quadri clinici (es. tenosinoviti, sindrome del tunnel carpale) o radiologici (es. osteoartrosi) sia disturbi aspecifici (dolore, rigidità articolare, parestesie) ai quali non è attribuita una precisa definizione nosologica”.Lo studio si occupa in specifico delle possibili evidenze epidemiologiche nei problemi legati:- alle patologie del collo e del distretto collo-spalla (es. cervicalgie, cervicobrachialgie aspecifiche, sindrome tensiva nucale, sindrome cervicale, …);- alle patologie del gomito (es. epicondilite mediale o laterale del gomito);- alle patologie del distretto mano-polso-avambraccio (es. tendiniti, peritendiniti, tenosinoviti, malattia di De Quervain e dito a scatto in “operatori addetti alla macellazione e insaccatura di carne, lavori di sartoria e cucito, impacchettamento di prodotti vari e operazioni di assemblaggio, ovvero condizioni lavorative che comportano un’esposizione combinata a posture sfavorevoli e movimenti ripetitivi e di forza”);- alla malattia di Dupuytren (caratterizzata da “proliferazione nodulare del tessuto fibroso dell’aponeurosi palmare con conseguente contrattura e flessione permanente delle dita delle mani, in particolare del IV e V segmento digitale”);- ai disturbi muscolo-scheletrici aspecifici dell’arto superiore (ad esempio in relazione alle mialgie, artralgie, rigidità articolare, parestesie e sensazione soggettiva di gonfiore agli arti superiori in “lavoratori esposti a vibrazioni e stress ergonomico, in particolare nei forestali”); - alle osteoartropatie dell’arto superiore: ricordando che le possibili alterazioni osteoarticolari causate da vibrazioni trasmesse all’arto superiore rappresentano ad oggi “un tema controverso”.Nel documento sono presente alcune tabelle esplicative in relazione:- agli studi sulla possibile “associazione tra sindrome del tunnel carpale (STC) ed esposizione combinata a fattori di rischio ergonomico e vibrazioni trasmesse al sistema mano-braccio”; - alle “lesioni anatomo-radiologiche a carico degli arti superiori in lavoratori di fonderia esposti a vibrazioni mano-braccio generate da scalpelli pneumatici e in controlli che svolgevano lavoro manuale pesante”;- alla “prevalenza di entesopatia del gomito (sperone olecranico) in lavoratori di fonderia esposti a vibrazioni mano-braccio generate da scalpelli pneumatici e in controlli che svolgevano lavoro manuale pesante, in rapporto all’età e all’esposizione giornaliera a vibrazioni espressa in termini di accelerazione equivalente normalizzata a 8 ore di lavoro”.Riportiamo infine alcune delle conclusioni a cui giungono gli autori di questo lavoro: - “le vibrazioni trasmesse al sistema mano-braccio svolgono un ruolo autonomo e dominante nell’insorgenza del fenomeno di Raynaud e di varie forme di neuropatia periferica prevalentemente sensitiva nei lavoratori le cui mansioni comportano un regolare e prolungato uso di utensili vibranti; - vi sono evidenze biomeccaniche che le vibrazioni di bassa frequenza e elevata ampiezza generate da utensili a movimento percussorio causano, in concorso con altri fattori di stress ergonomico, alterazioni cronicodegenerative a carico dei segmenti ossei e delle articolazioni degli arti superiori, in particolare a livello del polso e del gomito; - vi sono forti evidenze epidemiologiche e sperimentali che l’esposizione combinata a vibrazioni mano-braccio e fattori di rischio biomeccanico (ripetitività, forza, postura) è associata ad un elevato e significativo aumento dell’occorrenza di sindrome del tunnel carpale; - vi è una limitata evidenza, documentata da un piccolo numero di studi epidemiologici, di una possibile associazione tra malattia di Dupuytren e uso professionale di utensili vibranti; - vi sono insufficienti evidenze che l’esposizione a vibrazioni mano-braccio svolga un ruolo indipendente rispetto ad altri fattori di rischio biomeccanico nell’insorgenza di patologie muscolo-scheletriche sia aspecifiche sia clinicamente ben definite a carico del collo e degli arti superiori”.
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