22 dicembre 2014

Amianto e luoghi di lavoro

L’amianto (noto anche con il nome commerciale Eternit) è una sostanza chimica fibrosa impiegata fino agli inizi degli anni novanta per realizzare diverse strutture. Le caratteristiche di pericolosità dell’amianto non erano note fino a poco tempo fa e sono legate proprio alla struttura della sostanza in fibre, che deteriorandosi (per assenza di manutenzione o danneggiamento) si disperdono nell’aria e possono provocare, se inalate, alterazioni a livello dell’apparato respiratorio e polmonare anche gravi ed a distanza di molto tempo dall’esposizione.
La valutazione del rischio amianto nei luoghi di lavoro, è definita nell’art 249 del D.Lgs 81/08 in cui viene esplicitamente ricordato l’obbligo del datore di lavoro di effettuare la valutazione dei rischi . A tal fine il datore di lavoro ha l’obbligo, nell’impossibilità di procedere all’eliminazione del materiale pericoloso, di informare i lavoratori rispetto alla presenza del pericolo, di far effettuare una certificazione dello stato di integrità dell’amianto e di procedere comunque a monitoraggi ambientali e biologici per valutare la presenza di fibre di amianto nell’aria e nell’organismo dei lavoratori.
Una volta definito il grado di integrità e la relazione tra gli indici misurati ed i corrispondenti valori limite soglia, il datore di lavoro, in collaboarzione con il Medico Competente, elabora un opportuno piano di campionamento e di sorveglianza sanitaria, per monitorare nel tempo i livelli di amianto presenti. I risultati periodici dei campionamenti devono essere quindi riportati nel Documento di Valutazione dei Rischi, e se si registra un incremento significativo e costante dei livelli nel tempo, segnalati alla ASL di competenza, anche se si resta al di sotto dei valori limite soglia.
È importante ricordare che lo smaltimento dell’amianto deve e può essere eseguito soltanto da personale qualificato e da imprese autorizzate che abbiano requisiti e strumenti per la rimozione in sicurezza; la rimozione sconsiderata dell’asbesto, svolta da personale inesperto, non adeguatamente protetto e non al corrente del rischio da esposizione, ha in molti casi, in passato, generato problemi ben più significativi di quelli che sarebbero forse derivati evitando di movimentarlo.
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22 ottobre 2014

Sicurezza sul lavoro “Attenzione ai raggiri!“

Recentemente, si sente sempre più parlare di sedicenti ispettori appartenenti ad un fantomatico organismo di certificazione che con fare sfacciato e deciso, si presentano in azienda sostenendo di dover svolgere i controlli di legge provvedendo così alla compilazione di un verbale di contravvenzione, questi fantomatici ispettori che non sono altro che funzionari commerciali (e non ufficiali di polizia giudiziaria) dopo aver chiesto ed eventualmente visionato vari documenti, compilano una proposta di consulenza, che cercano di far accettare al malcapitato, sostenendo che così facendo non dovranno più verbalizzare le carenze riscontrate in modo da evitare al datore di lavoro le sanzioni previste.

La vigilanza intesa come funzione di esame e verifica dei corretti comportamenti aziendali è un compito istituzionalmente riservato ad organi con funzioni pubbliche, è bene pertanto sapere quali effettivamente siano gli organi preposti a svolgere la vigilanza in materia di salute e sicurezza sul lavoro, come previsto all’art. 13 D.Lgs. 81/08 e s.m.i.
  • Azienda Sanitaria Locale – ASL (strutture variamente denominate come: Spsal, Spisal, Spresal, ecc.) senza limitazioni di settore e di competenza
  • Direzioni territoriali del Ministero del lavoro e delle politiche sociali
  • Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco, per quanto di specifica competenza (norme antincendio)
  • INAIL (ex ISPESL), che interviene su richiesta degli organi centrali dello Stato e delle Regioni e delle Province, nell’ambito dei controlli che richiedono un’elevata competenza scientifica, accedendo nei luoghi di lavoro e svolgendo accertamenti e indagini; inoltre, occupandosi del controllo della conformità ai requisiti di sicurezza e salute di attrezzature e prodotti messi a disposizione dei lavoratori
  • Ministero dello sviluppo economico, per il settore minerario
  • Regioni, per le industrie estrattive di seconda categoria e le acque minerali e termali
Altri organismi con competenze specifiche e limitate sono:
  • Uffici di sanità aerea e marittima;
  • Autorità marittime, portuali ed aeroportuali;
  • Carabinieri;
  • Polizia di stato;
  • Vigili urbani.
Pertanto consigliamo a tutti i datori di lavoro che è utile riconoscere gli organi di vigilanza e controllo e che qualsiasi accesso ispettivo non può avvenire se non attraverso un riconoscimento di competenze e professionalità.
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15 giugno 2014

Burocrazia e sicurezza sul lavoro = meno carta più sicurezza

Spesso oggi mi capita di visionare documenti di sicurezza (POS – PSC– PIMUS – DVR) che oltre ad non rispettare quanto previsto dalla normativa vigente in materia di sicurezza sul lavoro (D.Lgs 81/08 e ss.mm.ii.) presentano lacune tecniche e legislative troppo evidenti, per esempio  non contengono neanche i contenuti minimi previsti dalla normativa.
Mi chiedo quindi se psdoprofessionisti della sicurezza, oggi sono tutti esperti in materia di sicurezza sul lavoro anche perché la normativa non lo vieta, acquistando un software o ancora smanettando in rete (San Google) credono di ottemperare la normativa vigente, facendosi forti del fatto che oggi la legge prevede sanzioni solamente a carico del Datore di Lavoro e non per chi realmente elabora i documenti sopracitati.
Sono convinto che la sicurezza non può essere un mucchio di carta, non può e non deve essere solo documenti e burocrazia, la sicurezza va fatta vivere quotidianamente all’interno dei luoghi di lavoro attraverso l’informazione, la formazione ed il contributo dei veri attori della sicurezza Datore di Lavoro,  Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza, RSPP, Medico Competente magari con il supporto di un consulente e non di un cartaio, come si dice “a buon intenditore poche parole”.
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9 aprile 2014

Infortunio in itinere

L’infortunio in itinere comprende tutti gli infortuni che si verificano durante il normale percorso dall’abitazione al luogo di lavoro e viceversa (casa- lavoro —  lavoro-casa), oppure durante il tragitto che collega due luoghi di lavoro (es. consulenza presso la sede di un cliente).
La definizione di infortunio in itinere va estesa anche per il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di lavoro a quello in cui si consumano i pasti, durante la pausa pranzo, se in azienda non è presente un servizio di mensa.
Solo con la pubblicazione del D.Lgs. 38/2000 l’infortunio in itinere è stato inserito nella tutela assicurativa, escludendo gli infortuni che accadono sotto abuso di alcol o droghe o se sprovvisti dell’abilitazione alla guida.
Sebbene la responsabilità civile e penale non ricada sul Datore di Lavoro in caso di infortunio in itinere (l’incidente è avvenuto al di fuori dell’azienda), il lavoratore comunque è tutelato.
E’ coperto da polizza assicurativa il lavoratore che utilizza mezzo pubblico, a meno che non si ritenga necessario utilizzare mezzo privato (non esistono linee di trasporto pubblico nella zona, lunghi tempi di attesa, notevole distanze da percorrere a piedi).
Vengono definiti infortuni in itinere anche gli infortuni che accadono durante una missione o trasferta lavorativa o durante il percorso lavoro-albergo in caso di pernottamento cause lavorative.
Non vi è copertura assicurativa nel caso in cui l’infortunio si verifichi nel corso di un’attività che non ha alcun legame funzionale con la prestazione lavorativa o con le esigenze lavorative dettate dal datore di lavoro o che accada in un luogo non ricollegabile all’attività lavorativa.
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3 marzo 2014

Ambienti confinati: le istruzioni per la fase preparatoria dei lavori

Istruzioni operative e misure minime di prevenzione per le varie fasi di lavoro in ambienti confinati. Il responsabile degli interventi, le attività conoscitive, i permessi di ingresso, la valutazione dei rischi, le procedure di lavoro e salvataggio.

Il D.Lgs. 81/2008 all’art. 15, comma 1, lett. c, impone l’eliminazione dei rischi in base al progresso tecnico e per i lavori negli ambienti confinati c’è in realtà un solo modo per eliminare il rischio alla fonte: eseguire i lavori rimanendo all’esterno.
 
Questo è l’approccio di fondo delle “Istruzioni operative in materia di sicurezza ed igiene del lavoro per i lavori in ambienti confinati”, realizzate dal gruppo di lavoro denominato “Ambienti Confinati”, insediato dal Comitato Regionale di Coordinamento ex art. 7 del D.Lgs 81/2008 della Regione Emilia Romagna.

Nelle premesse si sottolinea come il progresso tecnico, anche in questo campo, sta evolvendo e “per i lavori in ambienti confinati, considerando gli elevati rischi per la sicurezza e salute in gioco, la valutazione delle modalità di lavoro scelte rispetto alle tecnologie disponibili diventa il punto centrale, al quale gli organi di vigilanza presteranno particolare attenzione. In altri termini è il datore di lavoro che deve dimostrare che per l’esecuzione dei lavori non vi è alternativa all’accesso”.
Come detto nell’introduzione, è il citato art. 15 che detta l’orientamento generale: eliminazione dei rischi e, ove ciò non sia possibile, loro riduzione al minimo in base al progresso tecnico.
Tuttavia “la mera applicazione del progresso tecnico è una condizione necessaria, ma non sufficiente. Gli interventi negli ambienti confinati richiedono, oltre all’applicazione della migliore tecnologia, anche una gestione della prevenzione nella quale la conoscenza dei rischi, la formazione e l’addestramento, integrati in una organica progettazione, sono fondamentali”.
 
Il documento dopo aver affrontato la definizione di ambiente confinato, i problemi di questi ambienti e l’analisi dei rischi, si sofferma ampiamente sulle varie fasi di lavoro.
 
La sequenza operativa può essere così suddivisa:
1. Individuazione del Responsabile degli interventi
2. Attività conoscitive
3. Valutazione dei rischi e Redazione procedure di lavoro e salvataggio
4. Predisposizione del Permesso di ingresso e delle attrezzature
5. Riunione iniziale (Briefing) e informazione/formazione specifiche
6. Controlli iniziali (attrezzature, luoghi, ecc.)
7. Segregazione dell’area di lavoro
8. Isolamento da fonti pericolose di energia e materia
9. Predisposizioni per l’ingresso/uscita
10. Ventilazione/Bonifica
11. Analisi atmosfera interna
12. Compilazione dell’autorizzazione di accesso
13. Attività all’interno dell’ambiente confinato
14. Messa in sicurezza del sito
15. Riunione finale (Debriefing)
 
In questo articolo ci soffermiamo sulla Sezione 1, la fase preparatoria dei lavori, comprendente i punti 1, 2, 3 e 4 della sequenza.
 
Riguardo alla individuazione del Responsabile degli interventi il documento ricorda che il datore di lavoro del personale che opererà nell’ambiente confinato “deve individuare un responsabile degli interventi (che può essere lo stesso datore di lavoro) che autorizzerà per iscritto, su apposito modulo di autorizzazione/permesso di ingresso” (ne è presente un esempio in allegato al documento), le operazioni da svolgere, “nonché l’ingresso degli operatori dopo verifica dell’attuazione delle procedure di bonifica stabilite”. In caso di appalto il datore di lavoro committente deve designare un proprio rappresentante competente che vigili sui lavori e si coordini con il responsabile di cui sopra”.
 
Veniamo alla misure minime di prevenzione correlate alle attività conoscitive:
- “deve essere effettuata la ricerca di tutta la documentazione relativa al luogo confinato comprensiva di disegni, specifiche tecniche, ecc. Questa attività fondamentale ricade sul datore di lavoro committente o suoi delegati;
- deve essere effettuata la misura strumentale del tenore di ossigeno e della concentrazione di eventuali gas o sostanze pericolose normalmente presenti nell’ambiente confinato. Si dovrà inoltre valutare l’eventuale rischio connesso alla presenza, anche solo occasionale o accidentale, di ulteriori gas o sostanze pericolose;
- è importante effettuare un sopralluogo conoscitivo dell’intorno del luogo confinato, ponendo attenzione sia alla corrispondenza tra la documentazione in possesso e lo stato reale del sito che alle caratteristiche del luogo confinato (aperture, accessi, ecc) anche ricercando eventuali rischi interferenti (sfiati, ecc.). Qualora sia tecnicamente possibile, è sempre raccomandabile effettuare una video ispezione dall’esterno del locale confinato; l’eventuale registrazione può essere un’utile informazione da fornire preventivamente agli operatori”. Il documento segnala poi l’importanza di un verbale scritto dei sopralluoghi in caso di appalto e/o in situazioni complesse.
 
Queste le istruzioni operative per la valutazione dei rischi e redazione procedure di lavoro e salvataggio:
- “sulla base dei documenti a disposizione, degli elementi raccolti durante i sopralluoghi e delle esperienze maturate, deve essere effettuata o aggiornata la Valutazione dei rischi, considerando l’eventuale opportunità di suddividere l’intervento in più fasi. Grande enfasi si deve porre nella progettazione delle operazioni di salvataggio;
- sulla base della valutazione dei rischi, vanno redatte o aggiornate le procedure di lavoro e di salvataggio specifiche per l’ intervento” (un allegato al documento è relativo ai criteri per la stesura di una Procedura). Si ricorda che copia delle procedure “deve essere consegnata ed illustrata ad ogni lavoratore durante una specifica iniziativa di formazione/ addestramento. Questa attività risulta a carico del datore di lavoro dell’impresa che esegue i lavori;
- le procedure di emergenza devono stabilire, in relazione al livello di rischio e alle possibili cause dell’emergenza, le modalità di effettuazione degli interventi di soccorso. In particolare deve essere stabilito se è sufficiente la tecnica di ‘Non ingresso di salvataggio’ o se è necessario adottare il sistema di ‘Entrata di salvataggio’”. Il documento riporta cosa è da definire in entrambi i casi;
- “all’esterno di ogni luogo confinato deve essere sempre presente almeno una persona con funzione di sorveglianza/allertamento, che può coincidere con lo stesso responsabile degli interventi, che non deve mai entrare nel luogo confinato in quanto deve sorvegliare personalmente e con continuità l’attività in corso. L’eventuale squadra designata per operazioni di salvataggio deve essere disponibile nei pressi del luogo confinato per poter intervenire immediatamente in caso di necessità;
- il numero di addetti all’emergenza/salvataggio deve essere proporzionato al numero di lavoratori operanti all’interno del luogo confinato e alla complessità delle operazioni di soccorso. Va inoltre considerata la possibile esigenza di provvedere, anche contemporaneamente, sia all’attività di salvataggio (essenzialmente recupero), sia all’attività di primo soccorso sanitario (da svolgersi all’interno o all’esterno a seconda delle situazioni), sia al supporto operativo ai soccorritori”. Nel documento sono riportate diverse tabelle per indirizzare nella definizione del numero dei soccorritori di emergenza/salvataggio;
- “la squadra di salvataggio dovrà disporre delle competenze idonee ai tipi di emergenza previsti. Ciò significa che oltre alle competenze sanitarie, può essere necessaria la presenza di personale in grado di effettuare interventi tecnici come: misurazioni in continuo dell’atmosfera, apertura rapida di varchi in pareti metalliche, ecc”.
 
Concludiamo affrontando il tema della predisposizione del permesso di ingresso e delle attrezzature:
- “il datore di lavoro della ditta esecutrice o un suo delegato predispone l’autorizzazione/ permesso all’ingresso indicando le operazioni da effettuare prima dell’ingresso;
- deve essere predisposta la necessaria attrezzatura per effettuare la lavorazione e il salvataggio, ponendo particolare attenzione agli accessori: scelta utensili elettrici e/o ad aria compressa, eventuali raccordi o adattatori delle tubazioni dell’aria, para spigoli per la fune di recupero, apparecchi illuminanti elettrici o pneumatici, apparecchi di comunicazione, ecc. Tra le attrezzature da considerare con particolare attenzione, è da comprendere anche l’eventualegruppo elettrogeno e/o altri sistemi per garantire, se necessaria, la continuità dell’alimentazione elettrica (per la ventilazione, l’illuminazione, le comunicazioni, i monitoraggi, ecc.). In caso di rischio incendio/esplosione, tutte le apparecchiature, i DPI e gli indumenti devono essere conformi alle direttive ATEX, con caratteristiche idonee alle sostanze pericolose presenti”. L’elenco dell’attrezzatura sarà riportato nella procedura di lavoro e/o nella procedura di emergenza e nell’autorizzazione/permesso all’ingresso “andranno indicati i DPI, l’attrezzatura di salvataggio e la strumentazione per il monitoraggio”;
- “dovrà essere sempre eseguita la verifica delle attrezzature, effettuando le eventuali operazioni necessarie a renderle idonee all’impiego (manutenzioni, esclusioni, riparazioni, ripristini, ricariche, ecc.)”.


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15 gennaio 2014

Che cosa è il POS ?


Il Piano Operativo di Sicurezza (POS) è il documento che il datore di lavoro deve redigere prima di iniziare le attività operative in un cantiere esterno. Il POS rappresenta il dettaglio della valutazione dei rischi già prevista dal D.Lgs 81/08 e ss.mm.ii..
Obiettivo del POS è quello di descrivere le migliori contromisure da adottare nelle attività di cantiere al fine di salvaguardare l'incolumità fisica dei lavoratori. 
Il POS non deve quindi costituire unicamente un adempimento amministrativo, in mancanza del quale la ditta operatrice viene sanzionata, ma soprattutto un documento essenziale ed indispensabile al fine di prevenire, limitare e ridurre al minimo i rischi ed in grado di fornire una serie di elementi indicativi di comportamento e indirizzo sulla sicurezza. 
Il "Piano Operativo di Sicurezza" è dunque un documento essenziale nella gestione di un'entità lavorativa in cantiere sviluppata da una organizzazione facente capo a un Datore di Lavoro così come individuato e definito dall'art. 2 del D. Lgs. 81/08 e ss.mm.ii..

Quando elaborare il POS? 
Il POS, contrariamente al Piano di Sicurezza e Coordinamento (PSC), che in alcuni casi non è obbligatorio redigere, deve essere sempre redatto da tutte le imprese che entrano in un cantiere temporaneo o mobile per svolgere il proprio lavoro. Quindi il POS deve essere sempre presente in cantiere.
Viene predisposto prima dell'inizio dei rispettivi lavori da ciascuna impresa esecutrice che trasmette il proprio POS all'impresa affidataria.
L'impresa affidataria verifica la congruenza del POS dell'impresa esecutrice rispetto al proprio e lo trasmette al CSE (Coordinatore in fase di esecuzione dei lavori), qualora presente, che ha l'obbligo di verificare l'idoneità del POS predisposto dall'appaltatore, e in caso di chiederne delle modifiche ed eventuali aggiornamenti.

Quali sono le aziende soggette al POS?
Tutte le ditte/aziende/società che abbiano lavoratori dipendenti sono tenute alla redazione del POS per esempio:
  • Edili in genere (costruzioni, demolizioni, rifacimenti, pavimentazioni, scavi, opere stradali..)
  • Impiantisti (elettricisti, idraulici, caldaisti, termici, ecc),
  • Lattonieri (posa gronde, acconciatetti, ecc),
  • Fabbri (posa barriere, ringhiere, recinzioni, cancellate, serramenti metallici, ecc),
  • Falegnami (posa parquet, infissi, serramenti in legno, controsoffitti, arredamenti, porte)
  • Vetrai (messa in opera vetrate, box doccia, lucernari, ecc),
  • Imbianchini e tinteggiatori (tinteggiature interne ed esterne, verniciature in genere, facciate, ecc),
  • Giardinieri (preparazione giardini e manutenzione del verde privato e/o pubblico). 
L'aggiornamento del POS è demandato al datore di lavoro dell'impresa esecutrice che lo ha predisposto.

Quale sono le sanzioni ?
In mancanza del POS il datore di lavoro della ditta esecutrice è sanzionata con l'arresto da tre a sei mesi o l'ammenda da 2500 a 6400 euro, in quanto sostanzialmente risulta inadempiente alla valutazione dei rischi sul lavoro presso il cantiere.
Si applica la pena dell'arresto da 4 a 8 mesi o l'ammenda da 2000 a 8000 euro se la violazione è commessa in cantieri temporanei o mobili in cui l'impresa svolga lavorazioni in presenza di rischi particolari, individuati in base all'allegato XI del DLgs 81/08 e ss.mm.ii.;
Si applica la pena dell'ammenda da 2000 a 4000 euro se il piano operativo di sicurezza è redatto in assenza di uno o più elementi di cui all'allegato XV del DLgs 81/08 e ss.mm.ii.;
Le ammende sono calcolate senza includere l’aumento del 9,6% previsto dalla legge di conversione del Decreto Legge 28 giugno 2013 n. 76,”Pacchetto Lavoro”.

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